Subito raccolte dalla agenzia Reuters, le voci sulle dimissioni di Alessandro Profumo dalla presidenza del Monte dei Paschi si rincorrono per l’intera giornata. Sono l’effetto diretto della ribadita sconfessione della Fondazione Mps e dei piccoli azionisti al piano del cda di fare entro gennaio il maxi aumento di capitale da 3 miliardi. Una contrarietà – nella tempistica della ricapitalizzazione – che si riflette anche nel rinvio ad oggi dell’assemblea straordinaria, riconvocata a causa della mancanza del 50,01% del capitale sociale. Fatto mai avvenuto nella storia della banca.

Non è stata la Fondazione, primo azionista di Rocca Salimbeni con il 33,4%, a far mancare i numeri per l’assemblea. C’erano anche gli altri soci principali, da Axa (2,05%) alla famiglia Aleotti (4%), da Jp Morgan (2,5%) ad Unicoop Firenze (1,76%). Però le quote depositate prima di Natale lasciavano margini di incertezza. Tanto che martedì scorso lo stesso Profumo aveva inviato una, irrituale, lettera aperta agli azionisti, invitandoli a partecipare. La mossa sembrava aver avuto successo, almeno secondo indiscrezioni che davano per depositato oltre il 50% delle azioni. Alle prova dei fatti invece l’assemblea si è fermata al 49,31%. Costringendo Profumo a decretarne di persona il rinvio.

Insieme alla brutta figura, che ha portato l’accigliatissimo presidente della banca a lasciare l’auditorium di via Mazzini senza fare parola, quello che è stato lanciato è un messaggio politico, visto che a far mancare il numero legale sono stati anche i piccoli azionisti. Fra questi Maria Alberta Cambi, che guida l’associazione Buongoverno Mps e rappresenta circa un milione e mezzo di deleghe di azioni, ha anticipato: “Voteremo no all’aumento di capitale nel primo trimestre 2014, per dare respiro alla Fondazione e permetterle di non svendersi. La nostra posizione non è una difesa a oltranza della Fondazione, ma in questo momento le sue richieste di tempo sono lecite”.

Tanto di cattivo umore Profumo, quanto tranquilla Antonella Mansi: “Non sono una strega – ha esordito scherzando (ma non troppo) la presidente della Fondazione Mps – ammesso che qualcuno lo pensi”. Poi Mansi ha ribadito una volta ancora: “Il quadro della situazione non è cambiato. Le nostre posizioni non sono cambiate, e proseguiamo a lavorare come abbiamo sempre fatto”. Cercando cioè di mettere in sicurezza l’ente, gravato da un debito di 340 milioni, attraverso la dismissione di buona parte del suo 33,4%. Ma non a stretto giro di posta. Almeno la prossima estate. Perché il maxi aumento di capitale a gennaio, di fatto, cancellerebbe la Fondazione – e quindi gli enti locali senesi – dall’elenco dei soci della banca. Un Monte dei Paschi non più di Siena.

Su questi elementari presupposti, Mansi sembra aver convinto anche Comune e Provincia di Siena, che nominano 6 dei 14 membri della Fondazione. Il condizionale è d’obbligo, visto che sulla partita pesano le divergenti opinioni (e le alleanze) all’interno del Pd. Comunque sia, il sindaco Bruno Valentini ha commentato così il rinvio dell’assemblea “Quello che mi auguro è un nuovo inizio in cui la Fondazione abbia una propria quota stabilizzata, anche se minore di adesso”. Quanto al destino di Profumo, non si è stracciato le vesti: “Non sarebbe facile sostituire un manager del suo livello. Se dovesse accadere, occorrerà trovare un manager con le stesse caratteristiche o anche superiori”. Il nome in pole position, uscito dopo una riunione fra Mansi, Valentini e il presidente provinciale Simone Bezzini, è quello di Carlo Salvatori, attuale presidente di Allianz Italia e soprattutto di Lazard, che è l’advisor scelto dalla Fondazione per la cessione di una parte del suo 33,4% della banca. Una scelta che avrebbe l’ok anche del ministro Saccomanni. Oggi la seconda convocazione dell’assemblea, con il quorum richiesto che scende al 33%.