I primi 1.360 migranti sono partiti ieri in pullman dalla Sicilia diretti verso le regioni del nord Italia, e oggi verranno seguiti da altri 1.150 con la stessa destinazione. «Il piano va avanti, noi non ci fermiamo» spiegano al Viminale, per nulla intimoriti dalle minacce delle tre Regioni ribelli – Lombardia, Veneto e Liguria – e convinti che quelle del governatore lombardo Roberto Maroni altro non siano che speculazioni elettorali. Irritazione, semmai, c’è nei confronti dell’Europa, quello sì. Salutato all’inizio come un successo, il piano varato solo il 27 maggio scorso dalla Commissione europea in cui si prevede la divisione tra gli stati membri di 40 mila profughi in due anni (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia) oggi, alla luce dei continui sbarchi appare chiaro che non basta più. «E’ insufficiente», per usare le parole del premier Matteo Renzi che già domenica al G7 di Berlino si era lamentato per i pochi sforzi fatti dell’Unione europea nel fronteggiare l’emergenza immigrazione. «E’ difficile immaginare che ventiquattromila migranti via dall’Italia in due anni siano una cifra giusta e che questi debbano essere solo eritrei e siriani», ha ripetuto ieri anche Angelino Alfano.


Parole che il ministro degli Interni ha ripetuto ieri anche a Dimitris Avramopoulos, il commissario europeo all’Immigrazione a Roma per un vertice al Viminale. Nonostante dal punto di vista politico le quote fissate dalla Commissione europea rappresentino un passo in avanti, perché è la prima volta che si infrange il tabù del regolamento di Dublino, Roma adesso spera di riuscire a strappare qualcosa in più dai due vertici di giugno, quello dei ministri degli Interni fissato per il 15 e quello dei capi di Stato e di governo del 26. «Sono qui per lanciare un messaggio forte: in questo periodo difficile, con una pressione immigratoria così forte, l’Italia non è da sola», ha assicurato ieri Avramopoulos sapendo bene, però, che lo scoglio vero è rappresentato da quanto deciderà il consiglio europeo.

Il fronte di Bruxelles è quello che in assoluto preoccupa di più il governo Renzi. Anche perché l’attesa risoluzione Onu utile per dare il via alla guerra contro gli scafisti, tarda ad arrivare. Annunciata per il 18 maggio è via via slittata fino a oggi e ancora non se ne ha traccia. Il ritardo sarebbe da attribuirsi alle resistenze poste soprattutto dalla Russia, ma anche alla volontà del Consiglio di sicurezza di subordinare il consenso alla missione europea a una richiesta di intervento da parte della autorità libiche. Richiesta che però potrebbe arrivare solo da parte di un governo di unità nazionale ancora inesistente nonostante le pressioni e che, visto come vanno le cose nel Paese nordafricano, al momento appare improbabile.

Nonostante le polemiche di queste giorni, il massimo della concentrazione è dunque su quanto accade in patria. Al Viminale il prefetto Mario Morcone, direttore del Dipartimento Immigrazione ha messo a punto e avviato il piano per ridistribuire in tutte le regioni il carico di migranti che oggi pesa in gran parte sulla Sicilia. Gli ultimi numeri parlano di 51.405 migranti sbarcati dal 1 gennaio a oggi, ai quali bisogna aggiungerne altri 3.689 salvati ieri da navi e mercantili e che arriveranno oggi. Ottomila persone in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Tutte persone che vanno assistite, curate, nutrite e rivestite e poi avviate in un centro di accoglienza.

Dei 1.360 migranti che ieri hanno lasciato la Sicilia, 200 sono stati trasferiti in Lombardia, 275 in Veneto, 100 in Toscana, 325 hanno raggiunto il Piemonte, 350 la Liguria, 85 l’Abruzzo e 25 Bolzano. Oggi, invece, altri 100 sono destinati in Valle d’Aosta, 400 in Lombardia, 350 in veneto, 150 in Campania e 150 in Piemonte.

Per quanto riguarda le strutture di accoglienza, tuto è affidato ai prefetti. Al Viminale escludono il ricorso alle caserme dismesse (la Difesa ha già fornito un elenco di 12 strutture) preferendo individuare soluzioni più piccole in modo da evitare grandi raggruppamenti di migranti in un unico territorio. Anche se, visto il ritmo serrato degli sbarchi, nessuno se la sente di escludere che in caso di necessità si possa decidere di utilizzarle, magari montando al loro interno anche delle tendopoli.
C’è poi l’individuazione delle strutture idonee da destinare a hub regionali, grandi centri di accoglienza dove effettuare il primo screening dei migranti prima di smistarli verso i vari centri. Finora tutte le regioni hanno dato indicazioni sui possibili siti disponibili, con l’unica eccezione di Lombardia e Veneto.