È passato quasi un anno da quando il Consiglio superiore della magistratura ha finalmente assegnato l’incarico di procuratore capo di Roma, la poltrona attorno alla quale giravano le attenzioni del gruppo di politici e magistrati traditi dal telefono intercettato di Palamara. In questo anno l’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, sotto inchiesta a Perugia per corruzione e in attesa della decisione sul rinvio a giudizio, è stato radiato dalla magistratura ed è adesso impegnato nella promozione del suo libro dove chiama in correità dell’intero sistema delle correnti togate. Ma ieri il Tar del Lazio ha riaperto proprio la partita per l’ufficio di piazzale Clodio, accogliendo i ricorsi dei magistrati Francesco Lo Voi e Marcello Viola (bocciando solo quello di Giuseppe Creazzo) che il 4 marzo scorso erano stati battuti nel plenum del Csm dall’attuale procuratore di Roma Giuseppe Prestipino. Che adesso torna in discussione.

Una vicenda interminabile. Cominciata nel maggio del 2019 quando quasi contemporaneamente la procura di Perugia chiude le indagini per corruzione, depositando e rendendo note le intercettazioni del telefono di Palamara, e la quinta commissione del Csm fa la prima mossa per assegnare l’eredità di Giuseppe Pignatone, appena andato in pensione dopo sette anni alla guida della prima procura d’Italia – stagione aperta dall’arcinota inchiesta “mafia Capitale” che però ha retto solo in parte in Cassazione.

All’epoca, oltre un anno e mezzo fa, il favorito era Viola. Nella commissione del Csm raccolse quattro voti trasversali: da Davigo alla corrente di destra Mi, dal consigliere laico in quota Lega a quello in quota M5S. Tre passi indietro, con un solo voto a testa, sia il candidato, all’epoca, della corrente di sinistra, Lo Voi, sia il candidato della corrente di centro, Unicost, Creazzo.

L’emersione delle trame dell’hotel Champagne, l’albergo romano dove a tarda ora si incontrarono Palamara e i parlamentari (all’epoca entrambi del Pd) Lotti e Ferri, costrinse il Consiglio a bloccare tutto. Venne fuori infatti che la rete di Palamara lavorava proprio per Viola, procuratore generale di Firenze, e per impedire una successione in continuità con Pignatone. Interrotto il procedimento di nomina, mentre lo scandalo esplodeva provocando le dimissioni di cinque togati del Csm e una trentina di procedimenti disciplinari contro magistrati, la quinta commissione riapriva la selezione. Stavolta – siamo a gennaio dell’anno scorso – risultava vincente ma con appena due voti Lo Voi, procuratore capo di Palermo. Davigo virava su Prestipino e Area e 5 Stelle si astenevano. Indicazione confermata nel voto del plenum del marzo 2020: primo Prestipino, secondo Lo Voi.

Il tempo di esaminare i verbali del Csm e sono partiti i ricorsi al Tar. Giudicati a dicembre scorso con una velocità inconsueta, le sentenze sono state pubblicate ieri.

Diverse negli esiti e nelle motivazioni le tre decisioni dei giudici amministrativi. Respinto il ricorso di Creazzo. Il ricorso di Viola è stato accolto perché il Tar ha ritenuto non sufficientemente motivata l’esclusione del pg di Firenze che negli atti di indagine di Perugia risulterebbe inconsapevole delle trame (a suo favore) di Palamara e compagnia. Diverso il discorso per il ricorso di Lo Voi, che vanta una lunga esperienza di guida di una procura importante come Palermo. E ha competenze sulla realtà criminale mafiosa del territorio – Roma – che secondo il Tar non possono essere svalutate rispetto a quelle di Prestipino solo perché quest’ultimo già lavora nella Capitale. Un giudizio nel merito che, se dovesse essere confermato dal Consiglio di Stato al quale sia il Csm che Prestipino sicuramente ricorreranno, costringerebbe l’organo di autogoverno delle toghe ad adeguarsi. Ma passeranno ancora mesi, almeno sei, e non è detto che Lo Voi, che nel frattempo ha già fatto domanda per la procura generale di Palermo, sarà ancora interessato. Senza contare che nel prossimo anno andranno riassegnati incarichi importanti come la procura di Milano la procura nazionale Antimafia.