È servito meno tempo per approvare la riforma costituzionale (due anni e un mese in parlamento, poi il referendum l’ha cancellata) e la riforma della legge elettorale (un anno e quattro mesi per l’Italicum, ma la Consulta l’ha decapitato) che per condurre in porto la riforma del processo penale, la cui discussione è cominciata alla camera nel gennaio del 2015, un anno e due mesi fa. Questa settimana, mercoledì, dovrebbe chiudersi la lettura del senato, con quel voto di fiducia che il ministro della giustizia Orlando non era riuscito a farsi autorizzare durante il governo Renzi e ha invece ottenuto dal governo Gentiloni. Con una parte della maggioranza, Ncd, che rimane contraria per il complessivo allungamento dei termini di prescrizione (non abbastanza, secondo l’Associazione magistrati). Ma che certo non farà mancare i suoi voti al governo, anche perché ha ottenuto un impegno su uno degli altri aspetti della riforma, la stretta sulle intercettazioni. La legge dovrà comunque tornare alla camera – anche se per pochi articoli – prima del varo definitivo.

Le intercettazioni sono uno dei due capitoli la cui soluzione è solo annunciata nel ddl Orlando. È prevista infatti in una delega al governo, così come la riforma dell’ordinamento penitenziario (che prevede un maggior ricorso alle misure alternative al carcere). Per le intercettazioni le novità si annunciano importanti, il ministro – impegnato nella corsa per la segreteria Pd – le ha sempre presentate come una stretta sulla pubblicazione indiscriminata delle registrazioni e non come una limitazione all’uso dello strumento investigativo. Tant’è vero che ha intenzione di procedere nell’esercizio della delega ascoltando le proposte delle maggiori procure italiane, mentre sembra essersi persa per strada la promessa che sarebbero stati coinvolti i direttori dei giornali. La delega è molto ampia e comprende un limite all’esercizio dei software spia (Trojan), interrompe la pratica della trascrizione automatica di tutte le conversazioni da parte della polizia giudiziaria e affida al pm l’onere di selezionare quelle strettamente necessarie a sostenere l’accusa e chiudere in cassaforte le altre (gli avvocati difensori potranno ascoltarle ma non copiarle). È compresa nella delega anche la novità del carcere (fino a 4 anni) per chi diffonde riprese video non autorizzate, salvo però il diritto di cronaca.

Secondo il testo uscito dalla commissione del senato – ormai sette mesi fa – la delega sulle intercettazioni (come sull’ordinamento penitenziario) andrebbe esercitata entro un anno, ma Ncd ha ottenuto tempi più stretti (tre mesi) e Orlando ha intenzione di accelerare al massimo; prima però bisogna che anche la camera confermi il testo. Intanto da domani se ne dovrà occupare di nuovo la commissione giustizia di palazzo Madama, perché il governo solo all’ultimo momento si è ricordato di voler aggiungere un articolo che punta a ridurre il costo delle intercettazioni, a carico soprattutto delle compagnie telefoniche che dovranno tagliare della metà le tariffe che continuano a chiedere alle società private che realizzano gli ascolti per conto della polizia giudiziaria (285 milioni di fatturato annuo).
Sia i magistrati che gli avvocati contestano altri aspetti della legge. I primi ritengono troppo rigido l’obbligo per i pm di chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione entro tre mesi dalla conclusione delle indagini (pena l’avocazione immediata dei fascicoli da parte dei pg), mentre gli avvocati ritengono eccessivamente lunghi i tempi di prescrizione (e per questo sciopereranno, ma la prossima settimana).