Cultura

Processi ricostituenti nel deserto dell’austerity

Processi ricostituenti  nel deserto dell’austerityUna manifestazione a Atene – foto Reuters

Inchiesta «La forza di Piazza Syntagma», un libro di Fulvio Massarelli per AgenziaX. Interviste, analisi dall'interno dei movimenti sociali greci che hanno contrastato le politiche della Troika europea

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 1 giugno 2013

La Grecia è diventata un laboratorio. Lo è dal punto di vista delle politiche di austerity, del governo diretto dalla famigerata troika, della liquidazione della democrazia formale. Lo è per i conflitti, in un contesto per molti mesi insurrezionale. Lo è anche per i problemi e i nodi irrisolti dei movimenti dentro la crisi: come trasformare l’insorgenza in un processo rivoluzionario? Questa è la domanda politica che attraversa il prezioso La forza di Piazza Syntagma. Voci di insurrezione da Atene (AgenziaX, pp. 120, euro 12) e anima la ricerca militante di Fulvio Massarelli, già autore di La collera della Casbah. Muovendosi tra una sponda e l’altra del Mediterraneo, l’autore mostra – tra linee di continuità e differenze – come oggi sia impossibile ragionare, ovvero organizzarsi, al di fuori di un quadro immediatamente transnazionale. Proprio lo spazio mediterraneo è un possibile anello centrale: non dove il capitale è più debole, ma dove le lotte possono divenire più forti.

Dopo il movimento universitario del 2006-2007, il ciclo di lotte nella crisi affonda le proprie radici nella rivolta scatenatasi l’anno dopo contro l’uccisione del quindicenne Alexis Grigoropoulos; negli anni successivi si estende e si diversifica, gli scioperi generali si susseguono a ritmo frenetico e mostrano la corda. Nel maggio 2011 piazza Syntagma si popola di acampadas, inizia la «politica del 99%», che il 12 febbraio dell’anno successivo insorge contro l’approvazione del secondo memorandum imposto dall’Unione europea. Il libro dettaglia un processo che si snoda tra accelerazioni e frenate, procede a bassa intensità e si illumina di vampate. Non salta affatto, però, di evento in evento, come se in mezzo ci fosse un vuoto lineare e privo di storia. Massarelli ce lo mostra concretamente: da un lato, c’è il collasso della società capitalistica, la crisi irreversibile dello Stato e delle sue articolazioni, l’impoverimento dei ceti medi e la disoccupazione di massa; dall’altro, una composizione sociale allargata che non vuole pagare i drammatici costi della crisi, si batte contro il governo dell’austerity, si autorganizza per fronteggiare i bisogni più impellenti e costruire reti di welfare e vita in comune. Tra un evento e l’altro vi è, dunque, sempre un pieno: di resistenza e sfruttamento, di sedimentazioni soggettive e povertà insopportabile, di tentativi di organizzazione e verticalizzazioni autoritarie.

Per scavare politicamente dentro questa tensione conflittuale non servono le mitologie, bisogna fare inchiesta. Così, Massarelli ha realizzato varie interviste a precari e studenti, a insegnanti e medici, a militanti e attivisti impegnati nei comitati territoriali, nei centri sociali e nelle assemblee di quartiere (se ne contano a centinaia nella sola Atene). Emergono analisi e narrazioni, si illustrano forme di lotta e percorsi di autorganizzazione, si parla di reti di solidarietà e sussistenza che nulla hanno a che fare con la carità: «l’impegno sociale che sta coinvolgendo decine di migliaia di persone non è più dare al prossimo, ma è stringersi l’uno all’altro per uscire dalla tragedia», spiega un’intervistata. Ci sono gli elettricisti che riattaccano la luce di chi non ha pagato le bollette. E poi l’autogestione dei luoghi della produzione, da quelli «tradizionali» (le fabbriche) alle istituzioni «antropogenetiche», in cui cioè al centro vi è la «produzione dell’uomo per l’uomo», dalle scuole agli ospedali. Sono embrioni di una nuova società che vivono e lottano, frammentari e imbrigliati dentro quella al collasso. Non sono affatto sufficienti, dopo anni di lotta i punti di blocco sono evidenti; ma certo indicano la potenza produttiva di quella particolare forma di vita che produce l’altrui ricchezza e la propria povertà: il lavoro vivo.

Nella prefazione Valerio Evangelisti ricorda la famosa definizione della situazione rivoluzionaria data da Lenin un secolo fa: gli «strati inferiori» (il 99%) non vogliono più vivere come in passato, gli «strati superiori» (l’1%) non possono più vivere come in passato. Tuttavia, cosa significano oggi insurrezione e rivoluzione, ovvero estensione del potere costituente e intensità dell’iniziativa destituente? Qui le risposte del passato ci servono a poco. E ancora meno serve rimpiangere l’infranta dialettica tra lotte e conquiste democratiche.

Quell’Ottobre non è ripetibile anche perché Kerenskij è, per fortuna, definitivamente morto. Oggi il problema, enorme, delle vittorie parziali si pone su un terreno differente rispetto al classico riformismo e alle forze politiche che l’hanno incarnato. Sono questi i nodi da sciogliere se non si vuole restare intrappolati nella ciclotimia dell’economia dell’evento, tra esaltazione delle rivolte (degli altri) e depressione per i loro esiti, dunque la necessità di argini frontisti. Entrambe queste posizioni sono parte del problema e non della soluzione. In tempi come questi, invece, per volare alto è necessario misurarsi con le inquietanti ambiguità che della crisi sono cifra paradigmatica. Solo così si possono comprendere il perché Alba Dorata catalizza in modo perverso e nichilistico, ancorché effimero, un pezzo del rifiuto della troika: però, invece di gridare al nazismo alle porte va compreso su quale terreno è possibile contrastarla. Da questo punto di vista un libro come quello di Massarelli aiuta a guardare a quello che c’è tra un’insorgenza e l’altra, perché è lì che le risposte ai nostri pesanti limiti possono essere cercate e, magari, praticate.

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