Ha le idee chiare sulla gestione dell’acqua il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Fermare la macchina della privatizzazione – anche dopo i referendum – non è possibile. Il colosso multinazionale Acea deve proseguire nella sua espansione, anche a costo di fare pagare un prezzo altissimo ai comuni e ai cittadini. Un decisione che stanno vivendo in questi giorni sette comuni della provincia nord di Roma. Anguillara Sabazia, Bracciano, Manziana, Canale Monterano, Ladispoli, Civitavecchia e Santa Marinella non avevano nessuna intenzione – con gradi differenti – di far gestire l’acqua alla società romana, che nel 2002 si è aggiudicata, senza gara, la gestione del sistema idrico integrato dell’intera provincia. Da allora solo un settantina di città su cento tredici hanno affidato gli acquedotti alla gestione privata; un piano di espansione in parte rallentato dal timore di veder ridurre gli investimenti, con un innalzamento delle tariffe difficilmente sostenibile. E così la giunta Zingaretti ha deciso di accelerare i tempi, invitando i comuni ribelli a consegnare gli impianti al gestore Acea Ato 2.
L’ultima lettera arrivata dal Dipartimento lavori pubblici e ambiente è perentoria: gli uffici dell’assessore Fabio Refrigeri, Pd, hanno mandato al Consiglio per le autonomie del Lazio una bozza di delibera con l’ipotesi di nomina di un commissario ad acta «per il trasferimento del servizio idrico integrato dal comune al gestore dell’Ato». L’obiettivo è chiaro, forzare l’opposizione delle amministrazioni comunali, aprendo la strada all’arrivo di Acea. «Sono solo degli atti transitori – replica a il manifesto l’assessore Refrigeri – in attesa di preparare la legge regionale che rivedrà l’intero sistema idrico integrato». Una proposta alla quale sta lavorando un gruppo di esperti nominati dalla Regione: «Vedrà sono nomi importanti, che per ora non posso fare, ma ci saranno anche esponenti del Forum italiano dei movimenti per l’acqua». Nessuna anticipazione sulla nuova legge, ma solo una conferma dell’intenzione di commissariare i comuni che in questi giorni si oppongono all’arrivo del gestore privato: «Ci obbliga la legge», assicura Refrigeri.
Il sindaco di Anguillara Sabazia ha però deciso di rispondere duramente, scrivendo una lettera al Consiglio per le autonomie, dove chiede che venga espresso un parere contrario rispetto all’atto della giunta: «Si ritiene che la gestione diretta dia maggiori garanzie alla cittadinanza sia in termini di capacità di intervento in caso di guasto, sia per quanto attiene al mantenimento di una tariffa più favorevole relativamente al costo del bene acqua ed al costo della depurazione (le tariffe idriche applicate da Acea Spa sono mediamente del 59% più care rispetto alle tariffe applicate da questo ente) in un periodo storico ove le famiglie sono in grave difficoltà economica», si legge nella lettera del sindaco Francesco Pizzorno.
Per la città di Civitavecchia – governata da una giunta di centrosinistra – la situazione è ancora più complessa. La precedente amministrazione aveva costituito una holding per la gestione dei servizi pubblici locali, con il progetto di affidare il 60% delle quote ai privati. L’associazione Codici ha presentato subito dopo un ricorso al Tar evidenziando l’impegno sottoscritto da parte del comune negli anni passati di cedere il servizio idrico integrato ad Acea. Il tribunale amministrativo diede ragione all’associazione, aprendo la strada all’arrivo della multinazionale romana. La stessa Codici nei mesi scorsi ha diffidato i comuni ribelli, chiedendo di consegnare gli impianti idrici ad Acea, anticipando il commissariamento promesso da Nicola Zingaretti. Ora rivedere quegli atti per l’attuale giunta di Civitavecchia – guidata da un primo cittadino del Pd – è una decisione politica difficile da prendere: «Il sindaco Pietro Tidei non ha una strategia chiara – spiegano dal comitato acqua pubblica di Civitavecchia – e fino ad oggi non ha annullato l’atto di affidamento ad Acea, anche se a parole dice di essere d’accordo con la gestione pubblica». E tra il dire e il fare c’è di mezzo l’antica sottigliezza politica.