Accantonato. Nella maggioranza c’è un meccanismo a orologeria. Vanno avanti sempre allo stesso modo. La Lega, o il Movimento 5 Stelle, presenta un emendamento non concordato con l’alleato. E non gradito, su molte cose la pensano ancora all’opposto. L’emendamento finisce accantonato. Non si vota, a costo di proseguire i lavori al buio, senza sapere se alla fine cambierà tutto. Poi Salvini e Di Maio trovano l’accordo, in genere su un altro provvedimento: chi cede qui ottiene qualcosa lì. E così l’emendamento si sblocca. Nel caso, si ritira anche quello che all’inizio sembrava irrinunciabile. La Lega ha provato a infilare nel disegno di legge anticorruzione un emendamento che avrebbe cancellato i processi per peculato a carico di due deputati importanti, il capogruppo Molinari e il vice ministro alle infrastrutture Rixi. Tra gli altri. L’emendamento è rimasto sospeso per 24 ore, nel limbo degli accantonati, anche se i relatori (5 Stelle) a un certo punto si sono lasciati sfuggire un parere negativo. «E allora votiamolo subito», ha detto il Pd. Ma non si poteva, in attesa dell’accordo al vertice di maggioranza. Che questa volta ha deciso in favore del M5S. Infatti a sera il capogruppo grillino in commissione giustizia ha dichiarato che quell’emendamento era «inaccettabile». Poco dopo la Lega lo ha ritirato.

Tutto il disegno di legge anti corruzione, del resto, è appesantito da un emendamento non concordato: quello sullo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado inserito dal ministro Bonafede e dai 5 Stelle e per qualche giorno fermato dalla Lega. Per questo il disegno di legge è ancora in commissione – seduta notturna ancora ieri – e arriverà in aula con il fiato corto, perché incalzato dal decreto sicurezza. Sul quale, invece, vince la Lega senza troppe discussioni. Intanto la modifica all’emendamento sulla prescrizione che ha consentito a Di Maio e Salvini di firmare la tregua sulla giustizia è stata approvata ieri. Nell’ormai nota (e illogica) soluzione del rinvio. Riforma approvata subito, ma che «entra in vigore» il 1 gennaio 2020 (e non più «acquista efficacia», formula che avrebbe creato il caos nel periodo di limbo). Nel frattempo Bonafede organizzerà un disegno di legge delega per una «epocale» riforma del processo penale. Ha già convocato magistrati e avvocati, la prossima settimana, per raccogliere le proposte. Che siano pronte. «Una pretesa un po’ surreale», reagisce il presidente delle camere penale Caiazza.

Sul disegno di legge anti corruzione, però, altre nubi si addensano visto che bisognerà votare gli emendamenti sulla trasparenza dei partiti, e la Lega ne ha conservati alcuni che non piacciono alla Casaleggio associati. Intanto non entra la norma che avrebbe fatto comodo ai leghisti eccellenti. E non solo a loro, visto che i processi per le spese pazze regionali hanno colpito un po’ dappertutto. In Piemonte oltre alle condanne in appello per l’ex presidente Cota, Molinari e il deputato Tiramani, c’è anche quella per la deputata di Fratelli d’Italia Montaruli. Per Rixi il pm ha chiesto una pena particolarmente alta: 3 anni e 4 mesi. Poi c’è un’inchiesta bis che riguarda deputati di Forza Italia e del Pd. Così come sono del Pd i deputati Astorre e Mancini a giudizio per le spese del consiglio regionale del Lazio, e Vattuone in Liguria. Ma è stato il Pd a denunciare la norma «scandalo» perché, ha detto il deputato Migliore, «noi gli emendamenti li leggiamo».

Tra le novità approvate ieri, l’arresto obbligatorio in fragranza per i presunti corrotti e un’attenuazione del cosiddetto Daspo «a vita», cioè il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, che in realtà sarà revocabile dopo la riabilitazione per la quale bisognerà attendere non più dodici ma sette anni.
Nel pomeriggio Forza Italia ha tenuto una conferenza stampa alla camera alla quale ha partecipato anche l’ex procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio. Che ha spiegato quanto sia irragionevole e «dilettantesca» la riforma della prescrizione voluta dai 5 Stelle. Nonché incostituzionale per violazione dell’articolo 111: «Non so se Mattarella potrà firmarla, di certo non reggerà davanti alla Corte». Il partito di Berlusconi ha annunciato che avrebbe continuato a fare le barricate contro questa riforma. Poi, in commissione, una volta che si è vista confermare l’inammissibilità dei suoi emendamenti sulla durata del processo – decisione assai discutibile – ha abbandonato i lavori.