Primo scontro tra Meloni e Schlein, no al salario minimo. E al Mes
Politica Sul meccanismo europeo di stabilità si profila un duro match con Bruxelles
Politica Sul meccanismo europeo di stabilità si profila un duro match con Bruxelles
Attesa da incontro di boxe con la cintura da campione in ballo, banchi del governo straripanti di ministri convocati con l’imperiosità del caso, diretta Rai. Va in scena il primo scontro diretto tra le due donne che guidano una il governo, quella in blu notte, l’altra, in sfolgorante bianco, l’opposizione: ovvio che al merito guardino tutti poco o niente. Oltretutto è un question time, botta e risposta, tempo limitato anche per la premier, diritto di replica solo alla sfidante. Ideale per tastare il polso alle leader che battono il tempo della politica italiana e continueranno a farlo sempre più nei mesi o anni a venire.
L’INTERROGAZIONE di Elly Schlein arriva verso la fine. La neosegretaria parte un po’ esitante: l’emozione del debutto. Vuole sapere cosa intende fare il governo per contrastare «il lavoro povero», più precisamente il più povero d’Europa dal momento che «dal 1990 solo da noi i salari invece che aumentare sono diminuiti». È un terreno scivoloso per tutti dal momento che tutti sono passati per il governo in questi 30 anni e hanno fatto il possibile per non fare niente in materia di miserrimi salari. Ma il Pd c’è stato un po’ più a lungo e soprattutto un po’ più recentemente degli altri e figurarsi se la leader della destra, che nella politica di strada e sezione è nata e cresciuta, si fa sfuggire l’occasione: «È bene che riconosciate che chi ha governato finora ha reso più poveri i lavoratori». Ma sulle proposte di Schlein, salario minimo e congedi parentali di tre mesi, la premier glissa, se la cava con espedienti da talk show: «Non sono convinta che il salario minimo sia la giusta soluzione. Con la giungla contrattuale che c’è in Italia rischia di peggiorare la situazione: meglio la contrattazione collettiva. Sui congedi abbiamo già fatto qualcosa ma quando si parla di famiglia io sono sempre pronta a discutere».
Schlein, con il vantaggio dell’ultima parola, replica, stavolta a muso più duro: «Non si nasconda dietro un dito: se bastasse la contrattazione collettiva non avremmo 3 milioni di poveri. Lei è in carica da soli 5 mesi ma con le leggi che avete fatto già sta andando nella direzione sbagliata». Il match finisce pari e sul piano della resa d’immagine le leader ne escono bene entrambe. Nella sostanza si potrebbe dire il contrario: non è un caso se in questi ultimi trent’anni si è verificata l’incresciosa situazione di cui sopra. È l’eterna tendenza del capitalismo italiano a puntare tutto sulla forza lavoro a basso costo, che nessuno più osa contrastare. E salario minimo, senza quantificazione, vuol dire ben poco. Ma quel che conta oggi è solo la superficie e per una volta è normale che sia così.
LA RISPOSTA al centrista Marattin, che chiede quando l’Italia ratificherà il Mes, è tutt’altro che insignificante. Perché tra le righe è un no tondo. «La materia necessita approfondimento. Bisogna vedere prima come si organizza la governance. Il Mes non lo ha preso e non lo prenderà nessuno: non sarebbe meglio spostare tutti i miliardi che ci riversiamo per sostenere la politica industriale? Lo dice anche il presidente di Confindustria che pure è un sostenitore del Salvastati!».
Vuol dire che l’Italia, unico Paese dell’Ue a non aver ratificato la riforma del Mes e di conseguenza a bloccarne l’entrata in vigore, non intende farlo. Per ora, certo, ma è un «per ora» a tempo indeterminato. A prendere la premier alla lettera, tenendo conto delle pressioni europee e della pazienza quasi esaurita a Bruxelles, si profila uno scontro di quelli in cui si rischia forte di farsi male. Sempre che non si tratti di una classica manovra per alzare il prezzo di quel sospirato semaforo verde e non è affatto escluso.
TRA LE RIGHE MELONI risponde chiaramente anche al verde Bonelli che chiede lumi sull’eventualità di tornare al nucleare: «Non faremo niente senza passare per il parlamento». Si traduce che sì, l’ipotesi nucleare è in campo. Sul fisco la risposta va incontro a Lega e Fi nei toni e ancor più nell’annuncio: oggi il cdm varerà il dl fiscale e il governo andrà quindi allo scontro frontale con i sindacati. Lo stesso cdm dovrebbe anche dare il via al ponte sullo Stretto e forse la vera notizia dal ring di Montecitorio di ieri è proprio che una Meloni tanto salviniana non la si vedeva da un pezzo.
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