Confronto all’americana al Teatro Dal Verme: domande uguali per tutti, tre minuti per rispondere, un minuto per l’appello finale. Noia garantita. Non sarà statisticamente rilevante, però ci sono 1.500 persone che si mettono due ore in coda per ascoltare Francesca Balzani, Giuseppe Sala, Pierfrancesco Majorino e Antonio Iannetta. Sono i candidati alle primarie del Pd, ognuno annunciato sulle note del brano preferito. Comincia così, con una ruffianata da super bowl, l’operazione simpatia davanti a un pubblico amico sempre disposto ad applaudire il candidato di riferimento (in ordine di apparizione, Clash, Bowie, Patty Smith e Springsteen). Programmi? Solo gradevoli pillole di saggezza, in pochi minuti non si può far altro che ragionare per slogan.

Al primo giro sono fiacche stoccate di fioretto. Balzani è un po’ rigida, Sala sta imparando a stare sul palco e non ha sfigurato, mentre Majorino è sempre a suo agio nella parte di quello di sinistra. In cosa si differenziano gli uni dagli altri? Sala conosce “Pier” da molti anni, dice che lui a differenza degli altri due non li attacca mai esplicitamente, per Balzani invece c’è una stoccatina, “io rispetto a te conosco molto di più Milano”. Majorino, più sornione, dice che lui si occupa di persone mentre la vice sindaco preferita da Pisapia si occupa di bilanci, quanto all’ex manager dell’Expo “abbiamo percorsi diversi e frequentazioni diverse”. Balzani se la prende: “Pier è permalosissimo, per me tra numeri e persone non c’è nessuna contrapposizione, è inaccettabile”. Non si sopportano, ma rimangono ugualmente carini.

Il tema di tutte le amministrative: periferie e paura. Majorino va a nozze: “Qui si gioca il senso stesso del nostro essere di sinistra: cancelliamo lo scandalo di 9.500 case pubbliche vuote e diamo cento spazi per altrettante iniziative imprenditoriali per i giovani”. Balzani, invece, vorrebbe che il comune gestisse anche le case popolari dell’Aler (che oggi competono alla Regione Lombardia). Sala dà ragione a Balzani, “bisogna pensare alle 70 mila case e affrontare duramente la Regione”. Non essendoci dibattito, impossibile chiedere di più. Lo spettacolo, per fortuna, è gratis.

Un tentativo di rianimare la sala c’è: raccontate un progetto (uno) per Milano. Balzani ci prova con una “suggestione” e parla di spazi privati da riutilizzare, “vorrei creare la borsa degli spazi privati dove far incontrare la domanda e l’offerta”. Sala porta il suo affondo all’insegna della concretezza: “Le case nei quartieri popolari”. Poi, il sogno: “Riaprire i navigli: c’è una complessità tecnica se troviamo i finanziamenti…”. Sogna anche Majorino: “Nel 2040 una città senza emissioni, nel 2030 essere la città che rinuncia all’auto privata e… facciamo una politica per la cittadinanza dei più piccoli”. Poi: una casa della letteratura e del sapere, biblioteche pubbliche e condominiali. Se crediamo ai sogni, verrebbe quasi voglia di votarli tutti e tre. Applausi.

Nel secondo tempo, gli “avversari” sono chiamati ad incalzare i candidati. Parlano i comitati. Se Sala perderà la primarie, sosterrà il vincente? “Assolutamente sì – risponde l’ex manager – per proseguire questa stagione che ha ambiato questa città”. E questa sarebbe una domanda cattiva… A Majorino, poverino, viene invece rimproverata la sua scarsa fiducia nell’Expo. Praticamente un assist. L’assessore controbatte dicendo di averci sempre creduto: “E’ stato un successo di tutta la città e non di pochi, ci lascia in eredità un importante discorso di educazione alimentare, però voglio capire che bilancio lascia Expo”. E qui Sala si inalbera (era ora): “Abbiamo fatto la più bella Expo degli ultimi venti anni con bilanci in utile – alza la voce – e diffido chiunque a mettere in giro un’idea contraria e sbagliata”.

Prima dei titoli di coda, l’appello al voto. Balzani dice che conta la partecipazione e non i candidati. Sala: “Sono pronto, faccio questa scelta per passione e amore per la città, punterò su innovazione e inclusione”. Majorino, che perlomeno si scrive i discorsi da solo, rilancia sulla necessità di proseguire il cambiamento con più radicalità e cita don Milani, “me ne interesso è il contrario del motto fascista me ne frego”. Giù il sipario, sarà meglio la prossima.