Dopo una settimana, la salma di Erich Priebke non trova ancora una collocazione finale. «Stiamo trattando con le autorità, ma siamo molto vicini a una soluzione», annuncia il legale di famiglia, Paolo Giachini. Vero deus ex machina di tutta l’operazione politico-comunicativa, l’avvocato però non sa ancora dire – o non vuole – se i resti dell’ex comandante nazista verranno cremati oppure no, se si tenterà di organizzare un’altra cerimonia funebre pubblica, dopo quella «interrotta» a furor di popolo ad Albano Laziale, e soprattutto dove verrà sepolto il corpo, se in Italia o in Germania.

«Questo funerale è qualcosa di molto particolare per l’Italia ma lo sarebbe per tutti i Paesi», ha detto Enrico Letta durante la visita al Brooking Institute. Riferisce Giachini che ci sarebbero «37 siti solo in Italia messi a disposizione da cittadini privati».

Ma la soluzione tedesca sembra al momento la più probabile: secondo l’avvocato Berlino avrebbe assicurato che «non esistono ostacoli di natura giuridica» alla sepoltura in suolo tedesco, sempre che si trovi un lander e un comune disponibile. Un problema che ha investito direttamente la cancelliera Angela Merkel: il suo portavoce Steffen Seibert ha auspicato ieri, a margine di una conferenza stampa, «che alle spoglie mortali del signor Priebke sia data sepoltura in modo appropriato». «Il suo nome è legato a orrendi crimini – ha aggiunto Seilbert – ma ora è morto e speriamo che i suoi resti trovino pace».

È chiaro però che l’unico modo appropriato per seppellirlo richiederebbe un composto silenzio, prima di tutto. Ma non deve essere nelle corde dell’avvocato Giachini che ieri sera, dopo il tramonto, non appena entrato lo shabbat ebraico, ha tirato fuori dal cassetto e diffuso agli organi di stampa la «documentazione riguardante 3 parenti delle vittime che hanno firmato la richiesta di grazia» per Priebke. Per replicare a quanti, nella comunità ebraica romana, avevano smentito categoricamente nei giorni scorsi la possibilità di un evento simile.

Si tratta però di «lettere e foto autografate da Liana Gigliozzi, Anna Maria Canacci e Adriana Cordero Lanza di Montezemolo più Antonio Pappagallo, nipote del sacerdote don Pietro Pappagallo morto alle Ardeatine». Il manifesto ne ha visionato le fotocopie, e una sola cosa appare certa: non conoscendo le biografie dei quattro signori che hanno voluto esplicitare un tale gesto di carità si può solo notare che si tratta di cattolici, non ebrei.

Da parte della comunità ebraica infatti, sul nome e sulla figura dull’ex gerarca nazista – mai pentitosi di aver trucidato 335 persone – è sceso solo l’oblio. Dal 16 ottobre scorso, giorno del 70° anniversario del rastrellamento del ghetto, nessuno vuole nemmeno più pronunciare quel nome.

Un modo affinché i resti di Priebke trovino pace potrebbe essere la cremazione del corpo con conseguente spargimento delle ceneri. Non lo suggerisce solo «la comunità ebraica», come non manca di sottolineare Giachini, ma perfino un sindaco del centrodestra: Marco Galdi, primo cittadino di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, che ha «offerto il Tempio Crematorio della nostra città che tanto ha sofferto il nazismo, dando i natali al generale Sabato Martelli Castaldi, offertosi per salvare un civile e ucciso nelle Fosse Ardeatine e a a “mamma Lucia Apicella”, umile donna che ha dedicato l’intera vita per dare degna sepoltura a centinaia di soldati tedeschi caduti nel settembre del 1943».

Ma per Giachini «non ci sarà cremazione se non ci sarà funerale». Spiega l’avvocato che ad Albano Laziale i resti di Priebke hanno «ricevuto soltanto la benedizione, per dare pace alla sua anima».
A quanto pare non trovano affatto pace invece i camerati, «i parenti e gli amici che vorrebbero salutare il loro caro con una celebrazione religiosa». E tutto potrebbe ricominciare da capo.