No ai preti sposati in Amazzonia. Papa Francesco boccia la proposta che era arrivata dal Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica dello scorso mese di ottobre e ribadisce sia la dottrina tradizionale sul sacerdozio ministeriale, sia la norma dell’obbligo del celibato ecclesiastico: solo i maschi non sposati possono essere preti e celebrare l’eucaristia.

L’ESORTAZIONE apostolica Querida Amazonia presentata ieri in Vaticano conclude il percorso del Sinodo – l’esortazione del pontefice è l’atto finale, l’unico ad avere valore di «magistero» – e chiude il riformismo di papa Francesco, perlomeno quello sul versante ecclesiastico. Ma rischia anche di diventare la pietra tombale sulla sinodalità episcopale, più volte sollecitata ed esaltata dal pontefice, ma in questa occasione totalmente disattesa, dal momento che Francesco ha deciso di ignorare una proposta già approvata a maggioranza dai vescovi che egli stesso aveva convocato in Sinodo.

Quello della possibilità di ordinare preti uomini sposati non era l’unico tema dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica, riunitosi in Vaticano dal 6 al 27 ottobre («Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale»). È stato però quello che ha catalizzato l’attenzione dei mezzi d’informazione e ha alimentato le tensioni all’interno della Chiesa cattolica, come ha rumorosamente dimostrato qualche settimana il libro contro il tentativo di «indebolimento della legge del celibato sacerdotale» firmato dal cardinale ultraconservatore Robert Sarah e dal papa emerito Benedetto XVI, il quale poi, in seguito alle polemiche, ha ritirato la propria firma. E nello stesso tempo una sorta di cartina al tornasole del riformismo bergogliano.

PER FARE FRONTE alle difficoltà di molte comunità amazzoniche situate nelle zone più remote le quali, per mancanza di preti, celebrano l’eucaristia a malapena una volta l’anno, i vescovi avevano proposto che potessero essere ordinati preti anche «uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano già ricevuto il diaconato permanente e che abbiano una famiglia legittimamente costituita e stabile». L’ipotesi approvata dai vescovi (128 a 41) non è però stata presa in considerazione da papa Francesco, che ha ribadito la dottrina tradizionale sul sacerdozio ministeriale, facendo riferimento soprattutto al magistero di papa Wojtyla: il sacramento dell’ordine sacro, che configura il prete a Cristo sacerdote, «non può essere delegato» e «abilita solo lui a presiedere l’eucaristia». I laici, prosegue l’esortazione, «potranno annunciare la Parola, insegnare, organizzare le loro comunità», ma «hanno bisogno della celebrazione eucaristica» che resta «funzione specifica, principale e non delegabile» del prete. L’unica possibilità, allora, non è quella di ordinare preti anche i diaconi sposati, ma di «promuovere la preghiera per le vocazioni sacerdotali» e di incoraggiare i preti latinoamericani a restare in Amazzonia invece di fare i missionari in Europa e negli Usa.

NESSUNA APERTURA al sacerdozio femminile, ma del resto questo il Sinodo non l’aveva nemmeno proposto. È «riduzionismo», scrive Francesco nell’esortazione, «pensare che si accorderebbe alle donne uno status e una partecipazione maggiore nella Chiesa solo se si desse loro accesso all’ordine sacro», significherebbe «clericalizzare le donne». Tuttavia le donne «dovrebbero poter accedere a funzioni e anche a servizi ecclesiali che non richiedano l’ordine sacro e permettano di esprimere meglio il posto loro proprio». Un’affermazione non nuova da parte di papa Francesco, che però fatica a tradursi in pratica, in Amazzonia come a Roma.

Se la parte «ecclesiale» dell’esortazione postsinodale (la quarta ed ultima sezione), tranne per una grande attenzione all’inculturazione, presenta caratteri di conservazione – ma del resto mai papa Francesco ha mostrato un riformismo particolarmente spinto dal punto di vista ecclesiale -, le prime tre parti («sociale», «culturale» ed «ecologica») sono invece decisamente avanzate e contengono una forte denuncia delle ingiustizie e delle diseguaglianze sociali causate dal sistema capitalistico e dei disastri ambientali provocati dai comportamenti predatori delle multinazionali del nord del mondo.

Complessivamente appare rafforzata l’immagine di una Chiesa cattolica che ha riorientato il proprio asse di impegno sul terreno sociale, ma che fa molta fatica – forse perché non vuole – a riformare se stessa.