Matteo Salvini contesta che una giudice che partecipa a un convegno sull’immigrazione possa poi decidere sul tema. «Evidentemente il ministro predilige il modello del ‘giudice-asino’, quello che ai convegni non viene invitato», sostiene con preoccupata ironia Letizio Magliaro, toga del tribunale di Bologna e membro dell’esecutivo nazionale di Magistratura democratica (Md).

Dottor Magliaro, il ministro afferma di non avere minacciato nessuno.
È in atto un attacco all’indipendenza della magistratura. La nostra indipendenza serve a tutelare chiunque: oggi è chi chiede l’asilo, domani chi chiede tutela sul luogo di lavoro. Ed è proprio per tutelare i diritti delle persone che il giudice è soggetto alla legge e non alla volontà dei politici. La vicenda è gravissima perché autonomia e indipendenza sono attaccate in maniera subdola: non si fa una norma che dice “i giudici devono obbedire ai ministri”, ma si esercita una pressione impropria per creare un clima di timore.

In questo clima di timore c’è il rischio che la magistratura voglia omologarsi al potere?
La magistratura non esiste, esistono i magistrati. Molti hanno dimostrato di avere le spalle larghe. Però, detto questo, mi lasci fare un’analogia con i cosiddetti “reati di pericolo”: il pericolo può generare un effetto che, se si realizza, è un danno per la collettività. Le parole di Salvini creano un pericolo che magari non si concretizzerà, ma che intanto esiste come tale.

Le uscite del ministro cadono proprio nei giorni della crisi del Csm: una coincidenza?
Non è una novità che il ministro prenda di mira i magistrati, basti pensare al caso Diciotti. Certo, questo attacco alle tre colleghe avviene in un momento in cui si può fare confusione fra una magistratura sana e una che ha dimostrato di coltivare rapporti non trasparenti con il potere politico.

Accostando le due situazioni, ci sono magistrati che si incontrano di nascosto con esponenti politici indagati e magistrati che partecipano a convegni pubblici con avvocati e docenti universitari: sembra che al ministro diano fastidio i secondi.
Noi di Md abbiamo sempre detto che autonomia e indipendenza vengono a mancare non quando il giudice, da esperto, esprime le proprie idee e si confronta pubblicamente con altri esperti nei luoghi di dibattito scientifico, ma quando partecipa alla gestione di scelte di potere, non motivate e non motivabili attraverso le norme di legge.

I ministri possono criticare le sentenze?
Certo. Ma in questo caso sono criticate delle giudici per non essersi adeguate alla volontà del politico. I magistrati non vogliono sostituirsi ai legislatori, semplicemente agiscono con indipendenza di giudizio, interpretando le leggi alla luce della Costituzione. Chiunque voglia criticare i provvedimenti deve confrontarsi nel merito. Per fare le norme bisogna farsi eleggere in parlamento, per interpretarle bisogna studiare tanto e superare un concorso duro e selettivo.

Le “colpe” delle sue colleghe sarebbero la partecipazione a convegni e la collaborazione a riviste scientifiche.

Per Salvini il giudice migliore è il giudice asino, quello che non viene invitato ai convegni e non scrive articoli. Ma il giudice che vuole la Costituzione è quello che si rapporta a ciò che succede intorno. Le colleghe Betti e Breggia hanno enorme autorevolezza, godono di apprezzamento trasversale. E, tra l’altro, ogni giorno respingono centinaia di domande di asilo perché non sono nei termini di legge.

Prima Berlusconi, ora Salvini: è il solito refrain contro le “toghe rosse”?
In maniera diversa questa insofferenza si è manifestata anche con i governi di centrosinistra. Che il potere esecutivo entri in conflitto con il potere che deve controllarlo è fisiologico. Non lo è quando si getta discredito sui giudici in quanto tali, perché tale attacco si riverbera poi su tutto il sistema democratico.

Cosa avverrà ora?
C’è una forte reazione della società civile e questo ci conforta, perché le invasioni di campo sono pericolose per tutti. I consiglieri di Area (il gruppo di cui fa parte Md, ndr) hanno chiesto al Csm l’apertura di una pratica a tutela delle colleghe, auspico che tutto il Consiglio aderisca a questa proposta.