Chi avrà la maggioranza nel senato americano dopo le elezioni? Non è domanda peregrina, anzi è questione maledettamente seria. Per un senato da cui dipenderanno le sorti del paese sia che Biden vinca sia che, contro le aspettative, Trump venga rieletto. Purtroppo l’attualità politica mi costringe a iniziare da qui: «Il solo regalo che vorrei oggi per il mio compleanno è spogliarti tutta» scriveva in un messaggio l’aspirante senatore democratico Cal Cunningham a una graziosa signora che era sì sposata, ma non con lui.

Se pensate, con qualche ragione, che sono affari loro, aspettate di conoscere il contesto: la faccenda si svolge in North Carolina, uno stato di cui i democratici hanno assolutamente bisogno per ottenere la maggioranza nel senato, togliendo ai repubblicani un seggio-chiave (oggi questi ultimi hanno 53 seggi contro 47). Problema: il candidato democratico è per l’appunto l’autore dei messaggini adolescenziali, Cal Cunningham, 47 anni, sposato, due figli, militare nella riserva. E quindi le speranze dei democratici di conquistare la maggioranza anche in Senato il prossimo 3 novembre sono appese alla chat del tenente colonnello che scriveva: «Mi manchi… Ti ho sognata». L’oggetto di tali delicate attenzioni sembrava avere meno scrupoli dello spasimante: «Vorrei scoparnelo un’ultima volta e spezzargli il cuore» scriveva a un’amica.

Per avere un’idea dell’importanza del senato nell’architettura costituzionale americana, segnatevi questi numeri: 5; 3; 40. Sarebbe una buona terna da giocare sulla ruota del lotto di Washington per l’estrazione di lunedì prossimo: il 26 ottobre, infatti, il senato a maggioranza repubblicana approverà la nomina alla Corte Suprema di Amy Coney Barrett, portando i giudici conservatori da 5 a 6, mentre i progressisti resteranno 3. Non solo: la Barrett ha 48 anni, quindi è prevedibile che possa restare in carica per i prossimi 40, essendo l’incarico a vita. Il marchio di Trump sulla Corte suprema resterà per due generazioni, se i democratici non riescono a conquistare la maggioranza al senato.

Torniamo a politica e scandali: non siamo più ai tempi di Bill Clinton e dell’impeachment per le sue non autorizzate performance sessuali in ufficio (1998). Gli americani si sono fatti leggermente meno puritani da allora, ma a complicare le cose in North Carolina sta il fatto che la femme fatale per cui Cunningham rischia il disastro ha confermato di essere rimasta a casa di Cunningham per una settimana, l’estate scorsa, approfittando dell’assenza della moglie. Le donne, che sono di gran lunga il principale sostegno politico del partito democratico (tra loro Biden ha venti punti di vantaggio su Trump mentre tra gli uomini è sostanzialmente alla pari) non gradiscono la violazione del talamo coniugale, mentre sono più tolleranti verso gli amori di una notte consumati lontano da casa.

Il tenente colonnello Cunningham, per di più, era stato selezionato dal partito non perché fosse un eroe di guerra (anche da militare in Iraq stava fra gli avvocati, non i commandos di prima linea) ma per la sua faccia da bravo ragazzo, forse non troppo intelligente ma religioso, moderato, serio e affidabile, con moglie e due rampolli, una maschietto e una femminuccia. Se non gli avessero offerto una chance in politica avrebbe potuto fare il presentatore del telegiornale: già 40 anni fa il sociologo dei media Joshua Meyrowitz aveva sottolineato la somiglianza fisica necessaria, all’insegna della medietà, fra politici e conduttori televisivi, come dimostrato più tardi dalle facce di Bill Clinton, Tony Blair e David Sassoli.

Esaurito il «gossip», veniamo ai sondaggi per il senato: i democratici dovrebbero guadagnare quattro seggi (ora ne hanno 47) ma l’impresa non è facile. Mentre Trump sembra aver disgustato una maggioranza degli americani con la sua gestione inetta dell’epidemia, i senatori repubblicani in carica da decenni hanno il vantaggio di essere ben conosciuti, possono talvolta vantarsi di aver fatto molto per il loro stato, di solito possono spendere quanto vogliono per la loro rielezione. Non è quindi impossibile che gli elettori dell’Iowa, del Maine, del Colorado e dell’Arizona votino per Biden presidente ma preferiscano il senatore repubblicano in carica a un democratico meno conosciuto.

Gli esperti dell’università della Virginia guidati dal politologo Larry Sabato fanno queste previsioni: in Iowa potrebbero vincere i democratici e così pure in Maine, in Colorado e in Arizona. Sono 4 seggi, che porterebbero i democratici a 51 su 100. Purtroppo, il partito è quasi certamente destinato a perdere un seggio vinto per caso in Alabama grazie a un’elezione in cui i repubblicani avevano schierato un candidato impresentabile, quindi si torna a 50. E il cinquantunesimo seggio, quello che darebbe loro la maggioranza e permetterebbe a Biden di governare con efficacia, dove sta? In North Carolina, nelle mani di Cal Cunningham, quello che non riesce a tenere chiusa la cerniera lampo della sua tuta di tenente colonnello.