L’accordo di Arcore è stato onorato. Ieri a metà pomeriggio, con qualche ora di anticipo sulla tabella di marcia fissata in mattinata (causa partita), la risoluzione di maggioranza che dà il via libera alla ricandidatura Foa è stata approvata grazie all’astensione di Forza Italia. Sulla carta il cda non è impegnato a indicare il candidato già bocciato il primo agosto scorso, può scegliere fra tutti i consiglieri a eccezione dell’ad. Ma è solo questione di forma. La risoluzione era scritta apposta per consentire al cda di rimettere in gioco Foa senza incorrere in un conflitto con la commissione che lo aveva respinto. Ora, grazie al nuovo voto, può farlo e lo farà di certo.

IL CDA DOVRÀ MUOVERSI in fretta, probabilmente già questa settimana. In ogni caso è obbligato da due emendamenti di LeU, entrambi approvati, a convocarsi per la nomina «senza indugio» e comunque a indicare il nuovo candidato entro il 26 settembre. A insistere perché la commissione mettesse le ali ai piedi del cavallo di viale Mazzini è stata l’Usigrai, preoccupatissima per la paralisi in cui versa l’azienda e che è già costata l’occupazione della frequenza già di Rai4 da parte della Rete4 Mediaset e che, proseguendo, metterebbe a rischio i contratti dei precari.

La seduta del mattino, aperta alle 8, è stata solcata dal prevedibile scambio di accuse e controaccuse. Il presidente Barachini ha esordito affondando ogni speranza di evitare il voto grazie al parere dei costituzionalisti secondo cui, pur in assenza di un divieto formale, riproporre un candidato già cassato dalla commissione sarebbe illegale: «Ritengo che non ci siano profili tali da mettere in dubbio l’ammissibilità della mozione di maggioranza». Faraone, Pd, non si è lasciato sfuggire l’occasione: se la maggioranza è certa della liceità della riproposizione, perché presentare una mozione simile se non per coprire le spalle al cda? Poi Fi ha chiesto, e ottenuto a maggioranza, che il candidato sia audito dalla commissione prima del nuovo voto sul gradimento. È una mossa messa a punto per giustificare il ripensamento del partito che due mesi fa aveva sancito l’affondamento di Foa, o meglio del «primo Foa». Infatti Pd e LeU tentano inutilmente di impedirla.

IN REALTÀ proprio quello spostamento di Fi è lo scheletro nell’armadio della commissione. Il Pd Verducci urla al «mercimonio», l’azzurro Mulè fieramente nega. Ma una giustificazione del rovesciamento di fronte non c’è. La trattiva di Arcore, che verrà definita nei particolari oggi pomeriggio nel vertice dell’intero centrodestra, ha riguardato ufficialmente gli accordi nelle prossime tornate di elezioni regionali e amministrative ma è inevitabile il sospetto che sul tavolo ci fosse molto di più: il piano Crimi sui tetti pubblicitari, che ferirebbe forse a morte Mediaset, e le nomine dei direttori di Tg e reti.

SOPRATTUTTO la prima ipotesi è particolarmente pesante per M5S, che replica assicurando che il piano Crimi non finirà cestinato. Su quel fronte, però, Salvini dovrebbe avere gioco facile nell’imporsi impugnando l’assenza di quella voce dal contratto, anche se Crimi è deciso a dare battaglia. Anche dei direttori si parlerà oggi pomeriggio. M5S è deciso a insediare al Tg1 Alberto Matano bocciando il candidato del Carroccio ma non sgradito a Berlusconi Gennaro Sangiuliano, che in questo caso slitterebbe al Tg2. Per M5S è un passo obbligato: serve per poter rivendicare di aver tenuto le grinfie del cavaliere lontane da viale Mazzini. Non è detto che Di Maio ce la faccia. In ogni caso il valzer è appena iniziato e di poltrone in ballo ce ne sono tante.