Tre aste andate deserte, ma la minaccia resta sul tavolo. Il Teatro Trianon nel popolare quartiere di Forcella potrebbe diventare un supermarket o una sala bingo causa debiti. Prezzo di partenza 3,75 milioni, veramente conveniente se si considera che la sala da 700 posti incorpora un pezzo delle antiche mura della città greca. Il passivo è pesantissimo: un milione con le banche a altrettanti con compagnie e fornitori.

Come si è arrivati a un tale passivo? Il Trianon apre le porte nel 1911 con la compagnia di Scarpetta, fino al secondo dopoguerra è uno dei principali teatri napoletani. Negli anni ‘50 inizia il declino del quartiere e della struttura fino a trasformarsi in un cinema porno. Nel 2002 una cordata di privati lo rileva: per trasformarlo di nuovo in sala di prosa partono i lavori, finanziati con mutui bancari. Nel 2006 subentra il pubblico per 6 milioni: 75% alla regione, 25% alla provincia, direzione artistica affidata a Nino D’Angelo con l’obiettivo di farne un centro di promozione sociale e culturale nel regno dei clan Misso e Giuliano.

Il debito con le banche pesa ma le stagioni sono un successo. Gli abbonati in quattro anni arrivano a 4.500 ma a far vivere il luogo sono anche i laboratori con le donne e i ragazzi di Forcella e l’orchestra multietnica diretta da Daniele Sepe. Teatro, tradizione e musica mettono in moto un circuito virtuoso che si spezza nel 2010. La nuova amministrazione Caldoro mette alle porte D’Angelo e cambia la mission. Via i laboratori, la prosa ridotta a quasi niente e largo alla musica italiana, grazie alla direzione artistica di Giorgio Verdelli (direttamente da Castrocaro e Sanremo) che porta sul palco artisti come Alberto Radius, le cover band dei Beatles o gli Osanna. Il live di Enrico Ruggeri la scorsa stagione lo hanno ascoltato in 18. A dettare legge sono il vicepresidente della provincia Luigi Rispoli, ex An proprio come il consigliere regionale Marcello Taglialatela, che gestisce la pratica per conto di Palazzo Santa Lucia, prima di farsi eleggere in parlamento.

Gli incassi precipitano, gli abbonati spariscono e arriva un altro milione di debiti con compagnie e fornitori (Inps, utenze, vigili del fuoco tutti non pagati). Il presidente del cda Maurizio D’Angelo presiede una sala che ha perso l’agibilità perché l’Enel ha tagliato il servizio, pur pagandosi il proprio compenso (32.400 euro). I nove dipendenti, assunti nel 2002, si ritrovano invece con lo stipendio coperto fino a giugno e la prospettiva di rimanere senza almeno fino a settembre: «I soldi per noi sono finiti alle banche, per tenerle buone».

La regione ha chiesto a Maurizio D’Angelo per giovedì prossimo agibilità, cartellone e piano industriale senza mai fare autocritica. «Che la regione non abbia mai avuto una chiara visione e prospettiva rispetto alle politiche culturali era chiaro e lo abbiamo denunciato sin dai primi avvicendamenti nelle posizioni di vertice dei principali avamposti culturali di Napoli, che sono stati letteralmente svuotati sin dalle prime settimane di insediamento della giunta Caldoro» commenta Gianluca Daniele, segretario generale Slc Cgil Campania. Eppure Napoli farà la parte del leone al premio Le Maschere del teatro il prossimo settembre: dei 36 finalisti 15 ruotano intorno a Luca De Fusco, regista nonché ideatore del premio che ricopre anche il ruolo di direttore dello Stabile di Napoli e del Napoli teatro festival Italia, rassegna organizzata dalla fondazione Campania dei festival (ente in house della regione).