Premi César, nella cerimonia si rispecchia la Francia di Macron
Cinema Vincono «L’affido» e Audiard, l’unica novità di questa edizione è stata la giuria dei liceali anche se la riforma della scuola scardinerà il sistema dell'insegnamento pubblico in Francia
Cinema Vincono «L’affido» e Audiard, l’unica novità di questa edizione è stata la giuria dei liceali anche se la riforma della scuola scardinerà il sistema dell'insegnamento pubblico in Francia
Diciamolo subito: il miglior film premiato ai César non è il miglior film. Dei sette nominati è il più banale nel contenuto e nella forma. Non è nemmeno un buon film. Ad essere onesti di L’affido un tempo si sarebbe tranquillamente detto che è un film abietto. In fondo, si può a malapena dire che sia un film. È più un caso, un problema sociale, del quale bisogna certo occuparsi. Ma che Xavier Legrand usa senza altre idee che quella di sfruttarne il capitale emotivo. La domanda è: com’è possibile che abbia ricevuto il premio più ambito? È questo il genere di film che si vuole prendere a modello per il futuro? È vero che questo riconoscimento è soprattutto l’espressione dell’industria cinematografica commerciale francese, vale a dire immondizia avviluppata in un drappo di seta. Come nel caso dell’Affido, che agita il tema importante, con la pretesa di far qualcosa d’altro che un banale commercio, mentre l’unico scopo è quello di farne uno, aggiungendo alla spocchia il cinismo.
È VERO infine che tra gli altri film nominati non c’è nessun capolavoro. A nessuno è venuto in mente di gridare allo scandalo perché l’adattamento del romanzo di Duras La Douleur non ha vinto. 7 uomini a mollo, la sola scelta audace tra i film nominati, è certo una commedia intelligente e ben interpretata da un cast particolarmente felice. Ma nulla di più. Nessuno farà delle barricate sugli Champs Elysées perché non ha ricevuto il primo premio, e il César dell’interpretazione a Philippe Katrine pare più che sufficiente. C’è poi I fratelli Sisters. Il western di Audiard (miglior regia) che di western non ha se non i cappelli e le pistole, mentre la sceneggiatura segue la stessa struttura di tutti i film precedenti di Audiard: vale a dire quella di un videogioco. La verità è che l’industria cinematografica francese produce film senza alcuna ambizione. E che l’analisi che faceva Pascal Ferran dieci anni, quando denunciava l’incapacità del sistema di far circolare energie, denari e idee tra il cinema commerciale e il cinema d’autore si conferma ogni anno di più.
LA SOLA novità quest’anno è il César dei Licei. Sulla carta una buona idea. Si tratta di mobilizzare 50 classi tra le centinaia che studiano cinema e di farne delle giurie, responsabilizzando gli studenti e obbligandoli a esercitare un giudizio critico. Ed in effetti ha funzionato, pur essendo stato organizzato in maniera molto rapida e con un budget piuttosto limitato. Ciò non toglie che tutta l’operazione è una trovata del ministro dell’Istruzione Blanquer che in questa maniera si è fatto pagare dai licei un’esposizione mediatica (rubando la scena al ministro della cultura). Poco male, se non fosse che mentre con una mano Blanquer afferra un César, con l’altra firma una riforma destinata a scardinare l’insegnamento pubblico in Francia, e una delle prime vittime sarà proprio l’opzione cinema. Da anni la cerimonia dei César è inguardabile. Quest’anno la serata è stata particolarmente imbarazzante. La sua unica virtù è quella di rappresentare bene la Francia di Macron. Triste spettacolo.
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