E’ dall’inizio dei tempi che l’oro misura il valore delle cose: da mezzo di pagamento nell’antichità, a riferimento per definire il valore delle valute in tempi più recenti, l’oro è al centro dell’economia del passato, del presente e forse del futuro. Anche se non ha più una correlazione diretta con il denaro, accumulato in lingotti nelle casseforti delle banche rappresenta la ricchezza di uno stato, garantendone l’affidabilità nelle trattative internazionali, come anche il migliore dei beni rifugio per gli investitori, in quanto più libero da inflazione, declino delle valute, fluttuazioni della Borsa.

SIMBOLO DELLA RICCHEZZA per antonomasia e materiale d’elezione in gioielleria, l’oro inoltre serve a far funzionare telefoni, pc, radio e tv; a potenziare la vista dei telescopi e proteggere quella degli astronauti; a veicolare farmaci, identificare tossine, rendere splendente la pelle. La corsa all’oro dunque è più che mai attuale. Il World Gold Council riporta che la produzione mondiale delle miniere d’oro è in aumento dal 2008; un primo calo, 5 tonnellate in meno dell’anno precedente, si era visto solo nel 2017, a causa soprattutto dei conflitti ambientali, della battaglia contro l’estrazione illegale e l’aumento dei costi estrattivi. Ciononostante, l’anno successivo l’estrazione è tornata a crescere, raggiungendo il suo picco nell’anno 2019 quando dalle miniere di tutto il mondo sono uscite 3.652 tonnellate di metallo giallo.

A DARE UNA FRENATA alla corsa ci ha pensato il Coronavirus, ma è durato poco: nel 2021 la produzione mondiale delle miniere d’oro ha raggiunto le 3.560,7 tonnellate, quasi un centinaio di tonnellate in più rispetto all’anno precedente, indicando un cenno di ripresa dalla flessione imposta dalla pandemia.

PER ALCUNI PAESI PRODUTTORI, l’oro è alla base dell’economia, ad esempio quelli africani. In particolare, il Sud Africa, che sin dal 1880 è stato la fonte principale dell’oro estratto globalmente. Solo nel 1970 ha estratto 1.000 tonnellate del prezioso metallo. Ma, da allora, la produzione annua è diminuita costantemente e a partire dal 2007 la sua posizione di predominio è stata superata dalla Cina, la cui produzione nel 2008 è giunta fino a 260 tonnellate di oro, con un incremento del 59% a partire dal 2001. I dati del Gfms (Gold and silver supply/demand benchmark) dimostrano come per molti anni la Cina sia stata la nazione più produttiva a livello globale, con un 13% di tutta la produzione mondiale. Nel 2017 la produzione però è diminuita del 6%, soprattutto a causa degli sforzi crescenti da parte del governo cinese di combattere l’inquinamento e salvaguardare l’ambiente.

TRA GLI ALTRI MAGGIORI PRODUTTORI figurano gli Stati Uniti (principalmente nel Dakota del Sud e in Nevada), l’Australia (nello stato dell’Australia Occidentale), il Perù, la Russia, il Messico, il Canada, l’Indonesia, il Ghana. La classifica mondiale dei colossi minerari vede al primo posto per produzione nel 2020, la statunitense Newmond, seguita dalla Canadese Barrick Gold, la sudafricana Anglo-Gold Ashanti, la russa Plyus e un’altra candese, la Kinross.

LE MINIERE PIÙ RICCHE MAI SCOPERTE restano quelle sudafricane: quella di Tau Tona, a 70 km da Johannesburg, ha fornito il 40% circa di tutto l’oro estratto sul pianeta. Si tratta della miniera più profonda del mondo: 3,9 km nel ventre della terra. Una città sotterranea, dove migliaia di lavoratori vivono in condizioni durissime. Affinché sopravvivano si ricorre a enormi ventilatori che soffiano su una poltiglia di ghiaccio e sale, pompando aria fredda nei pozzi per mantenere sui 28 gradi una temperatura che altrimenti toccherebbe i 55°.

ALL’OPPOSTO, LA MINIERA APERTA più grande del mondo arriva a sfiorare il cielo. Il grande pozzo circolare di 4 km di diametro della miniera di Grasberg, situata nella provincia indonesiana di Irian Jaya in Nuova Guinea, si trova a 4 mila metri di quota. Di proprietà dell’impresa mineraria statunitense Freeport Mcmoran, è soggetta a periodiche chiusure per i distacchi di roccia che hanno provocato vari incidenti mortali. Il più grave nel 2013, quando in seguito al crollo della volta di una galleria persero la vita 23 operai, un incidente molto simile a quelli avvenuti a fine dicembre 2021 in Sudan e a novembre in Nigeria: in soli due mesi sono morte 60 persone.

TRA I MINERALI PIU’ RARI IN NATURA, l’oro è presente quasi esclusivamente in piccole quantità mescolato alle rocce e affiora in superficie solo in specifiche regioni del pianeta. La sua concentrazione media nella crosta terrestre è di 0,005 parti per milione, il che rende costose le tecnologie di estrazione. Il processo di raffinazione dell’oro avviene normalmente nei pressi delle miniere e comporta la lavorazione di enormi quantità di roccia. In media, infatti, da 1 tonnellata di materiale roccioso si ricavano meno di 10 grammi d’oro. La roccia viene frantumata e sottoposta a una costante irrigazione con una soluzione di acqua e cianuro o di acqua e mercurio. Il primo si lega all’oro e consente di recuperare il metallo con un processo chiamato di amalgamazione. Il secondo lo cattura inserendolo in composti solubili dai quali successivamente è possibile estrarre l’oro mediante elettrolisi. Che sia da miniere sotterranee o a cielo aperto, in modalità formali o informali, la produzione di oro ha un impatto fortissimo in termini ambientali, sanitari, sociali e culturali.

IN PERÙ LA MINIERA YANACOCHA di Cajamarca è la più grande produttrice di oro dell’America latina e la proprietà, una joint venture fra la Newmont Mining Corporation, la società mineraria Buenaventura (Perù) e il settore finanziario della Banca Mondiale, è una delle imprese minerarie più redditizie al mondo: i profitti si aggirano sui due miliardi di dollari all’anno. È una miniera a cielo aperto e il suo impianto di lisciviazione, costituito da quattro piattaforme, è il più grande del pianeta. Secondo gli studi condotti sull’accesso all’acqua (Sosa Landeo 2017, Mining water governance: everyday community-mine relationships in the peruvian Andes, tesi di dottorato) Yanacocha interferisce fortemente con l’idrologia della zona: il processo di estrazione richiede molta acqua, inoltre il normale fluire delle acque stesse viene deviato, con un processo chiamato dewatering, in quanto disturbano l’estrazione: le conseguenze sono l’abbassamento della falda e la progressiva scomparsa di torrenti, fiumi e laghi.

A 3.900 METRI DI ALTITUDINE, gli abitanti di una delle zone più povere del Perù dai primi anni 90 protestano contro il water grabbing (almeno 160 famiglie sono rimaste senz’acqua), gli sversamenti di mercurio, le migrazioni forzate, gli incidenti sul lavoro e i progetti di ampliamento della miniera. Non sono mancate la criminalizzazione degli attivisti, le violenze e gli assassini. IN GUYANA UN PROGETTO DELLA SOCIETA’ mineraria canadese Cambior terminato nel 1995 ha rilasciato circa 3 miliardi di litri cubi di inerti carichi di cianuro nel fiume Omai, affluente del fiume più grande della Guyana, l’Essequibo. In seguito alla fuoriuscita, il capo dello Stato ha dichiarato tutti i 51 chilometri percorsi dal letto del fiume dalla miniera all’Oceano Atlantico, che ospita 23.000 persone, «zona di disastro ambientale».

IN PAPUA NUOVA GUINEA, SULLA BASE di un drammatico report dell’ong Human right laws center, il gigante anglo-australiano Rio Tinto è accusato di essere responsabile di «molteplici violazioni dei diritti umani» per l’attività della miniera di Panguna sull’isola di Bougainville. Anche se la miniera è stata chiusa nel 1989, i suoi 17 anni di attività hanno lasciato in eredità agli abitanti acqua avvelenata, campi inquinati e una valle fluviale in rovina a causa del drenaggio di sostante tossiche: un problema ambientale originato dall’erosione dei minerali di solfuro che si verifica sia nei siti minerari attivi e che continua anche quando abbandonati.

MIGLIAIA DI CITTADINI TURCHI HANNO protestato per giorni nel 2019 contro l’apertura dell’ennesima miniera a cielo aperto (in Turchia ce ne sono 18) che avrebbe devastato una zona protetta. In Romania la rottura di una diga ha provocato lo sversamento nel Danubio di 100 mila tonnellate di scorie e l’apertura della più grande miniera a cielo aperto d’Europa, Rosia, è stata scongiurata nel 2013 dalla vasta mobilitazione locale.

POI ARGENTINA, MESSICO, GRECIA, Filippine… il business dell’oro si porta dietro una scia di conflitti che fa il giro del mondo. L’Ejatlas, l’atlante mondiale dei conflitti che registra solo quelli segnalati dagli attivisti, ne riporta un’ottantina. Inoltre, mai come per l’oro vale il concetto della maledizione delle risorse, quel paradosso per cui nei paesi dove abbondano preziose risorse naturali – quali alcuni minerali e gli idrocarburi fossili – crescita economica, democrazia e sicurezza invece scarseggiano drammaticamente.