«Non era ancora buio e noi non eravamo granché come ladri. Il metodo di Tully era un modello di temerarietà alla cazzo di cane: apriva il cancelletto, tossiva rumorosamente e camminava fino agli orticelli recintati, poi strappava via una rapa o un po’ di carote. Io intanto ero nell’orto vicino a sradicare un ravanello».

Tully e James sono i protagonisti di Effimeri, ultimo libro di Andrew O’Hagan (traduzione di Mario Drago, in uscita il 16 marzo da Bompiani, pp. 320, € 18,00) due giovani Holden di Glasgow: la loro è la storia di una gioventù sfrontata e ribelle, la cui audacia non si perde nei labirinti di una società alla deriva, come succede in molti titoli di altri scrittori della Scozia contemporanea. Di quella scena romanzesca, O’Hagan è una delle voci più penetranti, il cui sguardo – sia storico che letterario – è rivolto più al passato che all’oggi.

Nel suo romanzo emergono i tempi bui del thatcherismo, delle lotte dei minatori, della disoccupazione cronica nel nord del Regno Unito; e sul versante letterario, O’Hagan guarda ai grandi scrittori scozzesi della generazione precedente, primo tra tutti Alasdair Gray, anche lui di Glasgow, e anche lui attento al valore epifanico di storie a metà tra il realismo visionario e l’impegno politico.

Effimeri è un romanzo di contro-formazione, che si muove sul solco di un esistenzialismo reso pratico dalle necessità della vita. «Cos’hai lì?», chiede al giovane protagonista in cerca di lavoro il capomastro di un cantiere: «Tirai fuori il tascabile. Giuro su Dio che era una copia a brandelli della Nausea di Jean-Paul Sartre. ‘Oh, per l’amor del Cielo’, disse lui. ‘Fila all’università. Non stiamo qui a perdere altro tempo’».

Le allusioni letterarie in questo libro, che passa per un esempio di working class literature, sono ricorrenti ma coesistono con una narrazione veloce e frizzante, che non porta con sé il peso dell’erudizione. Indicano piuttosto una via nuova, già tentata da altri, Anthony Burgess in primis, che consiste nel far entrare nei sentieri del romanzo popolare le scoperte dell’avanguardia, scoperte nate dal desiderio di mutare, attraverso le forme artistiche, uno status quo insoddisfacente o precario.

Le avanguardie degli inizi Novecento puntavano a forme di rappresentazione della vita più che alla finzione, in una corrispondenza tra immaginario e reale che scardinasse gli schemi consolatori cui si era abituati. Qui, il giovane proletario James, destinato all’università, sa che la vita non si trova mai solo nei libri, soprattutto se li si tiene lontani dal fiume in piena dell’esistenza. Così, le sue discussioni su Marx si mescolano a dibattiti sul panorama musicale contemporaneo e alle chitarre Gibson, e il capolavoro di John Reed sulla rivoluzione bolscevica finisce per illuminare l’eterna rivalità calcistica tra i Celtics e i Rangers, le squadre cugine, e ora nemiche, di Glasgow.

A proposito del calcio, mai assente nei romanzi scozzesi degli ultimi decenni, leggendo questa storia di giovani che, tra pub, concerti e trasferte di gruppo, affrontano col sorriso beffardo sulle labbra una realtà dai toni ruvidi, viene alla mente un altro grande nome delle lettere britanniche: B.S. Johnson, romanziere semi-dimenticato, con l’ossessione per un realismo della verità e non della verosimiglianza.

Anche Effimeri è un romanzo-vita dal grande afflato fantastico. La briosa coppia di amici protagonisti prende spunto dal legame, molto incisivo per la sua carriera di scrittore, che O’Hagan intrattenne con quello che fu il suo migliore amico, Keith, un ex operaio, e ex insegnante scomparso tragicamente per malattia. Una vicenda simile ricorreva in The Unfortunates di B.S. Johnson, romanzo che lungi dall’esorcizzare la morte, la affronta attraverso il ricordo, dovuto e amaro, di una vita conclusasi prematuramente. La storia di Tully e James, giovani pieni di vita della periferia di Glasgow, lascia pochissimo campo alla tristezza, sebbene un senso di tragica finalità ne pervada la seconda parte. A prevalere, in ogni pagina, è piuttosto il riso a gola tesa di giovani le cui speranze di riscatto, politico e culturale, neanche la morte può arrestare.