Poveri noi. Alla stragrande maggioranza degli italiani per sapere di essere sempre più in difficoltà basta guardarsi nel portafoglio. Forse però nessuno si poteva immaginare che l’Italia è il Paese della zona euro a più alto tasso di povertà: nel 2012 era a rischio quasi un cittadino su tre (29,9% ovvero 18,2 milioni di cittadini). Peggio di noi fa sempre e soltanto la Grecia (34,6%). Il verdetto è arrivato ieri dall’ultimo rapporto Eurostat ed è stato confermato a livello nazionale dall’Inps che ha registrato un calo del potere d’acquisto delle famiglie dal 2008 del 9,4% (solo tra il 2011 e il 2012 il crollo è stato del 4,9%). Quasi metà dei pensionati (45,2%, pari a 7,2 milioni di persone) deve far quadrare i conti con meno di 1000 euro al mese e per 2,26 milioni (14,3%) la pensione non arriva a 500 euro. Solo 650 mila pensionati superano quota 3.000 euro.

Altro che luce in fondo al tunnel. Per gli italiani le cose vanno sempre peggio. Le persone in difficoltà nel 2008 erano il 25,3% e nel 2011 erano già salite al 28,2%. In particolare, nel 2012 in Italia il 19,4% dei cittadini ha un reddito pari o inferiore al 60% della media nazionale al netto degli aiuti e dei sostegni sociali. Il 14,5% si trova in una situazione di privazione materiale severa. Significa che non ha i soldi per pagare affitto, bollette, telefono carne e pesce. IL 10,3% invece ha fino a 59 anni e vive in famiglie dove gli adulti lavorano meno del 20% di quanto potrebbero. In totale il rischio di povertà in Europa nel 2012 è pari al 24,8% (124,5 milioni di europei), nel 2011 era al 24,3% e nel 2008 era al 23,7%. I più poveri fuori dalla zona euro sono la Bulgaria (49%), la Romania (42%) e la Lettonia (37%). Il rischio è più basso per Olanda e Repubblica Ceca (15,9%), Finlandia (17%), Svezia e Lussemburgo (18%) Germania (19,6%) e Francia (19,1%). Stanno meglio di noi la Spagna (28,3%) e il Portogallo (25,3%).

Il rapporto Inps 2012 entra più nel dettaglio e aiuta a capire meglio perché gli italiani si impoveriscono sempre di più. L’istituto di previdenza ha calcolato una riduzione del reddito delle famiglie dal 2008 al 2012 pari a 18 miliardi. In realtà i redditi primari (le entrate delle famiglie) sono calati di 40 miliardi e i prelievi (le uscite) sono aumentate di 12 miliardi per un saldo passivo di 52 miliardi che però, secondo l’istituto, sarebbe stato compensato per 35 miliardi dall’aumento delle prestazioni Inps. La spesa per gli ammortizzatori sociali dell’Inps nel 2012 è aumentata del 19% superando i 2,7 miliardi. In particolare 13,811 miliardi sono stati erogati per la disoccupazione (2 miliardi in più del 2011). Nel complesso in quattro anni il reddito delle famiglie è sceso in media dell’1,8% (del 2% solo tra il 2011 e il 2012). Secondo il Codacons «tradotto in cifre il crollo del 9,4% del potere d’acquisto è pari ad una perdita di 3.248 euro all’anno per una famiglia di 3 persone e di 2.709 per una famiglia di due persone». Ma a rimetterci di più sono le fasce più basse che spendono soprattutto per cibo, casa, acqua, elettricità e combustibili che in questi anni sono aumentati più degli altri beni di consumo.

Per quanto riguarda le pensioni si misurano per la prima volta gli effetti della riforma Fornero. I trattamenti pensionistici sono scesi del 7,4% ma il risparmio è stato quasi vanificato dall’aumento delle prestazioni assistenziali imposto dalla crisi (+21,8%). Nel 2010 si registra inoltre una forte diminuzione dei dipendenti pubblici (-130.000, pari a -4,3%) dovuto al blocco del turn over. Si tratta di un’altra misura nel segno dell’austerity che avrebbe dovuto aiutare lo stato a fare cassa ma che finisce per metter in crisi i conti in particolare dell’ex Inpdap appena assorbita dall’Inps. Meno lavoratori significa meno contributi, quindi meno soldi per le pensioni. Questo causa un disavanzo negativo per l’Inps nel 2012 di 9,8 miliardi. «Il disavanzo – ha assicurato il presidente Inps Antonio Mastropasqua – deriva da una tecnicalità che dovrà e potrà essere superata in sede di legge di stabilità». La coperta è sempre più corta.