Il crollo è arrivato poco dopo il dominio. Poco dopo un lustro di successi. Montezemolo, Jean Todt, Michael Schumacher. Vinceva sempre il Cavallino, poi il percorso a ritroso. Dal 2008, in assoluta controtendenza con la Ferrari che diventava brand mondiale sul mercato, come Coca Cola o Apple. Forse fisiologico il calo, anche motivazionale, dopo l’era Schumi. Poi sono subentrati altri fattori nella Formula 1 che cambiava pelle per ridurre i costi e appassionare di tutti i fedelissimi.

Cinque anni fa il Mondiale piloti veniva vinto dalla Brawn GT di Jenson Button e dall’ ex cavallo vincente di Maranello, Ross Brawn, ingegnere di pista, il segreto del successo di Schumi assieme a Rory Byrne, lo studioso della progettazione, ottimizzazione tecnica, delle evoluzioni future. L’anno dopo veniva ingaggiato Alonso, con Mondiale perso all’ultima gara ad Abu Dhabi per un infelice strategia di gara decisa al box. Cominciavano i primi rumours di crisi. Altre scuderie investivano in maniera intensiva, la Red Bull interpretava al meglio la rivoluzione della Formula 1, che giurava guerra all’elettronica riducendo in consumi.

E la Ferrari si affidava ai tecnici e ingegneri di pista cresciuti negli anni al fianco di Todt, Brawn. Sebastian Vettel metteva in fila quattro titoli mondiali. Fernando Alonso, in verità, era l’unico a contendere al tedesco il trono nel 2012, con altro titolo perso per Maranello all’ultima gara. Una maledizione. Ma anche un segnale, ancora attuale: la Ferrari dispone da anni del miglior pilota in pista (lo stesso Alonso) ma non è mai in grado di disegnargli addosso una monoposto su misura.

Sempre lo stesso trend: auto non pronta per i primi Gp che recuperava competitività nel corso della stagione, troppo tardi per alzare trofei tra titolo piloti e costruttori. Ma non mancavano i soldi, anzi. Un’indagine del New York Times, citando i dati della rivista Autosport, la Bibbia del Circus, spiegava che nella stagione 2013 Maranello aveva speso più di tutte: 250 milioni di sterline (298 milioni di euro), mentre la prima classificata Red Bull, che stracciava tutti i rivali così come era accaduto nelle precedenti annate, sborsava 235,5 mln (281 mln di euro).

La Mercedes, che ha speso 191 milioni di euro (108 in meno della Ferrari) era riuscita comunque a piazzarsi seconda nella classifica Costruttori. La Lotus guidata dall’attuale ferrarista Kimi Raikkonen, per arrivare quarta a una manciata di punti (39) dalla Ferrari, spendeva solo 155 milioni.

Per tutti ha pagato il capoteam Stefano Domenicali, nella stagione in corso. Durante la conferenza stampa di addio, Montezemolo ha chiaramente ammesso, assieme al nuovo capo Ferrari Sergio Marchionne, che il motore è stato il vero punto debole della vettura 2014. E che ci sono delle responsabilità per la mancanza di figure di spessore nell’area motoristica. E il drastico stop alle prove libere ha rovinato i piani a Maranello. Si riparte da lì, dal motore, con la certezza che ci vorrà tempo per recuperare sulla Mercedes, sulla Williams, sulla Red Bull.