Com’è tradizione in Portogallo martedì scorso il presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa ha nominato primo ministro il vincitore delle elezioni, il segretario dei socialisti António Costa. Un atto scontato che tuttavia merita un chiarimento. Quattro anni fa c’era stato un duro conflitto che aveva opposto il parlamento al capo dello Stato. Se all’Assembleia da Republica le sinistre avevano già manifestato la volontà di unirsi per dare vita a un esecutivo progressista, da Belém Aníbal Cavaco Silva nominava Pedro Passos Coelho, leader della coalizione di centro-destra che aveva vinto le elezioni, e premeva per una grande coalizione tra socialisti e conservatori.

Si era usciti dal lungo impasse con un voto di sfiducia nei confronti di Passos Coelho e un accordo scritto, imposto da Cavaco Silva, che in questo modo intendeva opporsi con tutte le sue forze a un accordo che sdoganava, se pur a livello esclusivamente parlamentare, i partiti dell’estrema sinistra. Fu quello un atto rivoluzionario perché dopo quasi 40 anni cadeva parte dell’implicita conventio ad excludendum nei confronti del Partido Comunista Português (Pcp), prima, e del Bloco de Esquerda (Be) poi.

SULLO SFONDO UN EFFETTO simbolico che difficilmente traspare dai numeri, ma che in questi primi giorni di negoziazioni che sono seguiti alle elezioni di domenica appare evidente: grazie agli avvenimenti del novembre 2015 il campo del discorso politico è stabilmente occupato dai temi imposti dalla sinistra. Le destre si trovano così a dovere combattere in uno spazio a loro profondamente ostile e perdono.

Ne nasce una dinamica progressista per cui il dibattito pubblico si concentra su redistribuzione del reddito, investimenti nello stato sociale, fine della precarietà e finanziamento del Serviço Nacional de Saúde (Sns). Ogni partito ha chiaramente la sua risposta, ma le questioni sul tavolo sono queste. Molte cose potrebbero cambiare nei prossimi anni.

Numerose le nuvole nere che si profilano all’orizzonte, una su tutte: la crisi economica, meno soldi da distribuire e quindi, potenzialmente, meno consenso da raccogliere.

Detto questo occorre tornare sul piano più concreto dei numeri, uno su tutti: la maggioranza assoluta si raggiunge con 116 seggi. Il Partito Socialista entra in parlamento con 106 deputati, quindi gliene mancano appena dieci per raggiungere la maggioranza.

Il centro-destra (Partido Social democrata – Psd – Centro Democrático Social / Partido Popular (CDS/PP) 82, Be 19, Pcp 12, Pessoas Animais e Natureza 4, Livre 1. Complessivamente, se si include il Pan, le sinistre occupano alla camera dei Deputati 142 dei 230 seggi, ovvero quasi il 62% dell’intero emiciclo, una forza molto consistente. C’è tuttavia un nodo di fondo: i socialisti sanno perfettamente di potere governare da soli anche senza l’accordo a sinistra, questo a meno che si crei un’improbabile, per il momento, convergenza tra destra e sinistra. Dall’altra le sinistre sanno che a questo giro non si potrà più contare su tassi di crescita elevati. Nel mezzo l’opinione pubblica che spinge affinché si riesca a trovare un accordo.

SEBBENE L’OBIETTIVO iniziale di Bloco, Comunisti e Socialisti fosse quello di rinnovare la Geringonça per un secondo mandato, dopo un primo giro di consultazioni sono emersi numerosi distinguo. I comunisti sono stati tra i primi a sfilarsi, sono seguiti in un secondo momento il Pan e il Livre. Infine verso la mezzanotte di giovedì sera il colpo di scena: alla riunione del Largo do Rato il direttivo socialista decideva che la strada da preferire fosse quella della negoziazione provvedimento per provvedimento evitando quindi patti più vincolanti con altri partner.

NON È UNA BUONA NOTIZIA. Il deputato Be José Soeiros parla esplicitamente di fine della Geringonça. Eppure nei giorni scorsi era circolata anche l’ipotesi che si potesse stabilire un legame preferenziale tra socialisti e blocchisti con questi ultimi che proponevano un patto il cui obiettivo fosse quello di «stabilizzare la vita delle persone» come ha dichiarato la coordinatrice Be Catarina Martins.

Le divergenze erano apparse da subito difficilmente sormontabili. Se da un lato il Be proponeva una drastica revisione delle leggi sul lavoro varate durante gli anni della Troika dall’altro lato Costa rispondeva proponendo misure per il rilancio del potere di acquisto dei salari.

CON LA GERINGONÇA affossata potrebbe inaugurarsi un quadriennio all’insegna di un governo dalle maggioranze variabili a seconda delle necessità e a una svolta a destra del Ps.

Vedremo e vedremo anche se quella piccola rivoluzione del 2015 ha lasciato traccia o se è stato solo una breve parentesi nella storia portoghese. Solo a partire dalla prossima settimana si potrà quindi capire quale sarà il programma del governo monocolore Costa e quali le misure che saranno contenute nell’Orçamento do Estado 2020 in un contesto in cui la crescita del Pil prevista è dell’1,6%.