[ACM_2]L’[/ACM_2]azione militare di Kiev non si ferma, anzi prosegue nella sua determinazione a eliminare ogni forma di dissenso nei confronti di governo e presidente Poroshenko, fresco di elezione.

La «carica» è giunta proprio dal neo presidente e dall’esecutivo (ad ora confermato). Poroshenko ha affermato che «gli atti criminali dei nemici del popolo ucraino non resteranno impuniti» e ha specificato che il compito del governo uscito dalla battaglia di Majdan, sarà quello di «fare tutto ciò che possiamo, per assicurare che nessun ucraino muoia più per mano di terroristi e banditi». Il ministro dell’interno è stato altrettanto chiaro: «L’offensiva militare delle forze ucraine nell’est del paese proseguirà fino a che non sarà ripristinata la pace e non sarà tornata la vita normale».

Mykhailo Koval ha rilasciato queste dichiarazioni dopo una giornata negativa per l’esercito ucraino, a seguito dell’abbattimento di un elicottero nella zona di Slovyansk, che ha provocato la morte di 14 militari (fra le vittime anche il generale della Guardia nazionale Serhiy Kulchytsky). I ribelli delle zone orientali, impegnati in una strenua difesa delle postazioni, hanno a loro volta alzato il tiro, intimando un ultimatum al governo centrale. Ieri da Donetsk hanno fatto sapere alle forze di Kiev che controllano l’aeroporto della città che, o lasciano «il nostro territorio o li attaccheremo». Il premier separatista Alexander Borodai, ha inoltre specificato che il numero dei soldati che giungono nello scalo di Donetsk aumenta ogni giorno, supportato dalla presenza dei gruppi paramilitari neonazisti di Pravy Sektor.

I leader dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dnr) hanno inoltre denunciato da parte dei militari ucraini l’uso di «proiettili a frammentazione», banditi dalle convenzioni internazionali.

L’ufficio stampa del governo separatista ha diffuso alcune foto di bossoli che – come hanno scritto le agenzie internazionali, compresa l’Ansa – «effettivamente sembrano riconducibili a questo tipo di armamento. I proiettili di questo genere esplodono una volta colpito il bersaglio, causando danni letali». Oltre a queste accuse, ieri sarebbe stato anche attaccato l’ospedale di Sloviansk, che nei giorni precedenti era stato parzialmente evacuato.
La situazione sul campo sembra inoltre complicata, nella comprensione di quanto sta accadendo, dalla ormai risaputa presenza di mercenari tanto tra i filorussi quanto tra i filo Kiev.

Da giorni si discute circa l’esistenza di un battaglione di sodlati ceceni, che sarebbe giunto in soccorso ai ribelli filorussi. Nel marasma di informazioni, alcune delle quale hanno un’oggettiva difficoltà ad essere verificate, data la problematica situazione riguardo la sicurezza dei giornalisti in quelle zone, c’è anche chi ha ritenuto ci sia stata una sorta di purga all’interno delle fila dei «separatisti», con il comando preso in mando dai ceceni.

Al riguardo ieri ha parlato in forma anonima alle agenzie di stampa un ex deputato del parlamento all’epoca dell’autoproclamata Cecenia indipendente (Ichkeria). Secondo la fonte si ratterebbe di una «prassi», quella di «usare i ceceni ed esponenti di altri popoli del Caucaso del nord per la soluzione di conflitti che toccavano gli interessi della Russia». «Basta ricordare – ha aggiunto – gli eventi nel Nagorno-Karabakh e in Abkhazia, dove combattevano i ceceni che poi sono diventati famosi capi della guerriglia cecena, come Shamil Basaiev». In Ucraina, ha aggiunto, ci vanno anche «mercenari, ai quali hanno promesso un buon guadagno».

Sul fronte diplomatico ieri si sono avute due importanti novità: il riconoscimento del ritiro delle truppe russe da parte della Nato e il pagamento della prima tranche sul gas a Mosca, da parte dell’Ucraina.
La Nato ha osservato «alcuni segnali» del ritiro delle truppe russe dal confine con l’Ucraina. Lo ha detto il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen, secondo cui, «forse i due terzi» dei militari «si sono ritirati e naturalmente accogliamo favorevolmente» la partenza delle truppe russe.

«Comunque – ha poi sottolineato dopo aver incontrato a Vilnius la presidente lituana Dalia Grybauskaite – ci sono ancora dei soldati russi pronti ad agire se dovesse essere presa una decisione politica. Continueremo a chiedere alla Russia di smettere di sostenere le bande armate filorusse e di sigillare il confine, in modo che non passino armi e combattenti». Infine, l’Ucraina ha pagato ieri una prima tranche di 786 milioni di dollari del suo debito sul gas alla Russia. Lo ha annunciato il commissario Ue all’Energia, Oettinger, al termine dei negoziati a Berlino con la controparte russa.