«Oggi l’Ucraina è il posto più pericoloso della terra», ha dichiarato il presidente ucraino Pëtr Poroshenko alla tedesca Bild, accusando Mosca di non osservare gli accordi sul processo di pace. Poroshenko ha detto di aspettarsi lo «scenario peggiore»: «l’esercito ucraino è pronto a una guerra totale, trovandosi oggi in condizioni molto migliori rispetto a cinque mesi fa e con l’appoggio del mondo intero». A Mosca fanno notare come appena venerdì scorso, rispondendo alle domande di un altro giornale tedesco, il Rheinische Post, il ministro degli esteri di Kiev, Pavel Klimkin si fosse espresso in toni ben diversi: «Stiamo parlando di una soluzione politica. Un’offensiva militare a est causerebbe vittime tra la popolazione civile, tra i nostri concittadini. Cerchiamo di evitare il confronto militare».

Al momento, però, la situazione pare prendere una piega più in linea con la frase di Poroshenko: ai morti e feriti sia tra le truppe ucraine che tra le milizie (domenica scorsa è rimasto ferito anche «Motorola», popolare comandante delle milizie) si aggiungono sempre più numerose le vittime civili. Un’intera famiglia (padre e madre trentenni e due figlioletti di nemmeno 7 anni) e altri inquilini sterminati da un colpo di mortaio caduto sul loro appartamento a Gorlovka e il bombardamento di una clinica ostetrica a Pervomajsk; questo l’ultimo bilancio sul «fronte civile», a cui la rappresentante Usa all’Onu Samantha Power risponde con la richiesta di sigillare il confine tra Russia e Ucraina. «Siamo pronti a ritirare le sanzioni se cesseranno le azioni di guerra, la frontiera verrà chiusa, truppe e mezzi stranieri ritirati e gli ostaggi liberati» ha detto la Power, convinta che «invece di ritirare le proprie forze dall’Ucraina e cessare di appoggiare i separatisti, la Russia invia sempre più uomini e mezzi attraverso la frontiera».

Le parole della Power seguono d’altronde il corso Usa e Nato. Ieri, Piazza Smolenskaja (sede del ministero degli esteri russo) rispondeva alle accuse rivolte al Cremlino dal segretario della Nato Jens Stoltenberg, di inviare armi in Ucraina, evidenziando invece come la Nato «intenzionalmente preferisca non vedere da un lato gli sforzi di Mosca per la stabilizzazione in Ucraina e, dall’altro, il peggioramento della situazione sociale nel sud-est del paese», aggravata ora dal decreto di Poroshenko sul blocco economico totale del Donbass. «Purtroppo» continua la nota «vediamo che nell’Alleanza non si tende a una discussione costruttiva dei problemi aggravatisi, preferendo inasprire gli umori anti-russi per giustificare i piani di rafforzamento del potenziale militare del blocco e allargare la presenza militare Nato in prossimità delle frontiere russe».

Se è univoca la linea Usa-Nato, è invece in Europa che è dato intravedere qualche diversità di accenti tra rappresentanti di uno stesso governo. Sulla scia del duo ucraino Poroshenko-Klimkin, in Germania, all’approccio rigido di Angela Merkel si contrappone oggi quello più possibilista del suo ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier. Se la cancelliera si era espressa per la continuazione delle sanzioni contro la Russia che, secondo lei, «mette a rischio la pace in Europa», appena poche ore dopo Steinmeier, durante la riunione dei ministri degli Esteri della Ue a Bruxelles, ricordando che il suo colloquio con Vladimir Putin a Brisbane è stato «molto produttivo», esprimeva la convinzione che non ci sia alcuna necessità di nuove sanzioni. «Prima di tutto» ha detto Steinmeier «bisogna analizzare la situazione. In particolare, la questione è come evitare l’avvitamento di una nuova spirale di violenza in Ucraina».

In effetti, i ministri degli esteri europei hanno tolto dall’ordine del giorno nuove sanzioni alla Russia – in ogni caso «le sanzioni non avranno alcun effetto sulla politica estera della Russia» ha detto il rappresentante russo all’Osce Andrej Kelin e, d’altra parte, Mosca sta da tempo allacciando nuovi contatti economici e politici in Asia – stilando però l’elenco di funzionari delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk che andranno ad aggiungersi ai numerosi esponenti politici ed economici russi già «sanzionati» dall’estate scorsa. Al termine della riunione di Bruxelles, il Ministro degli Esteri della Ue Federica Mogherini ha comunque dichiarato di volersi recare a Mosca già nelle prossime settimane per attivizzare il dialogo con la Russia. E un segnale distensivo è giunto ieri dal Presidente ceco Miloš Zeman, che giudica le sanzioni anti russe una «loss-loss strategy», una strategia per cui tutti perdono e ritiene «completamente insensato» l’aiuto economico all’Ucraina, mentre nel paese è in corso una guerra civile.

Ma che la strada da percorrere nasconda curve molto insidiose, lo testimonia il passo intrapreso ieri dalla Russia che ha espulso – «per attività incompatibili con il loro status» – alcuni funzionari delle ambasciate polacca e tedesca, in risposta ad azioni simili adottate in precedenza da Berlino e Varsavia.