«Sulla legge elettorale ci metto il carico». È la madre di tutte le battaglie per Matteo Renzi. Mentre gli pare di avanzare inarrestabile verso la vittoria alle primarie – questo fine settimana l’apice della sua campagna, naturalmente a Firenze, naturalmente alla stazione Leopolda, inaspettatamente con la presenza di Epifani – e quindi verso la candidatura alla guida del governo, vede l’ostacolo ancora al centro della strada, difficile da spostare. Il Porcellum, la legge elettorale in vigore, non lascia immaginare possibili vittorie solitarie, nemmeno per il Pd a guida Renzi. E ancor di meno il «super-Porcellum», cioè la legge elettorale che potrebbe venir fuori se a dicembre la Corte Costituzionale imponesse una soglia per raggiungere il premio di maggioranza. Allora anche il vantaggio che i democratici hanno conquistato alla camera – senza potersene fare granché, non avendolo anche al senato – finirebbe col diventare un miraggio. Perché il bipolarismo con tre partiti affiancati oltre il 20% (Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle) è difficile a farsi. E la corsa solitaria alla premiership, come la immagina Renzi, pure.

Per questo il sindaco di Firenze, intervistato ieri da Repubblica tv e dal Tg1, annuncia che il «suo» Pd, nel caso vincesse le primarie, «imporrà una legge elettorale di tipo maggioritario». Che potrebbe essere il doppio turno di coalizione sul modello di quello ipotizzato dal professore D’Alimonte e ripreso da Violante nell’officina dei «saggi». Una proposta che il Pdl e Grillo non accetteranno mai, e non si vede come Renzi pensi di «imporlo». Ma le preoccupazioni del sindaco sono legittime. Malgrado la procedura d’urgenza, la riforma del Porcellum è incagliata nella prima commissione del senato dai disaccordi delle larghe intese. Anche i relatori sono due, una del Pd e l’altro del Pdl, e immaginano soluzioni opposte. Formalmente il partito democratico è venuto sulle posizioni di Renzi, per cui la relatrice di marca Pd, Doris Lo Moro, proporrà ai senatori il doppio turno (dovrebbe farlo domani, ma c’è la sessione di bilancio), ben sapendo però che cadrà nel vuoto. Il clima di grandi manovre al centro, poi, preoccupa ulteriormente Renzi, visto che il fronte neo-democristiano di Casini e Alfano, con il quale Enrico Letta può puntellare la sua maggioranza facendo a meno degli ultras berlusconiani, a tutto può essere interessato salvo che a una forzatura bipolare. Ecco allora che Renzi dà voce ai suoi sospetti, rivolgendoli verso i compagni di partito. «Il giochino – dice – è quello di forzare su una legge elettorale di impianto proporzionale». Giochino interno al Pd, accusa, senza fare nomi se non quello di Letta, ma per escluderlo («è un bipolarista»). Allude invece ai «sostenitori dei miei avversari alle primarie». Dunque repliche obbligate, da Epifani che ecumenico ricorda che «il maggioritario a doppio turno è storicamente l’idea del Pd», a Bersani che non perde l’occasione per la polemica – «nel Pd non ci sono primattori del doppio turno, e tanto meno giochini per il proporzionale» – a Gianni Cuperlo che conferma che «il bipolarismo è la linea di non ritorno». Ma tutti mettono «il carico» sul fatto evidente che in parlamento non ci sono i numeri per il doppio turno.

Stando sul pratico, neanche Renzi può prescinderne. Può al massimo proporre una forzatura: togliere la legge elettorale dal senato per passarla alla camera, dove il Pd ha i numeri per fare da solo. E magari coinvolgere Sel nel ritorno al Mattarellum, ipotesi da non trascurare se dalla Consulta dovesse uscire un assist ai proporzionalisti, nella forma della richiesta di una soglia per il Porcellum o della inammissibilità del quesito. Renzi spera nell’inversione tra senato e camera al punto da averla suggerita nella sua mozione congressuale, dove per il resto vola alto. Cuperlo, per dire, alla legge elettorale accenna appena nel suo documento, mettendo l’enfasi più sul superamento dell’esistente che sul futuro (il doppio turno resta la scelta di bandiera). Portare la discussione della legge elettorale alla camera era già stata la richiesta del deputato Giachetti, renziano, che contro il Porcellum è di nuovo in sciopero della fame. Con l’intenzione di stanare i «giochini» del Pd, più che di arrivare sul serio all’approvazione di una nuova legge. Visto che, prima o dopo, dal senato bisogna passare.