Si vede che nessuno ha avvisato i tombaroli che il Grande progetto Pompei è stato affidato al generale dei carabinieri Giovanni Nistri, famoso per le operazioni di recupero di reperti d’arte trafugati. Gli scavi sono un colabrodo e quello che non si perde con i crolli viene portato via senza troppi problemi. Gli ultimi casi sono venuti fuori ieri grazie a Il Mattino. Il quotidiano partenopeo ha diffuso la notizia, poi confermata dalla soprintendenza, che lo scorso 11 marzo un custode ha scoperto la sottrazione di un affresco di 20 centimetri raffigurante Artemide, letteralmente scalpellato via dalla parete della domus di Nettuno, insula 5 Regio VI, in via Consolare. Un settore chiuso al pubblico e senza videosorveglianza. Si tratta di una porzione di un lavoro più ampio, protagonisti Apollo e Artemide, asportata da un cubicolo della casa. Le pareti, per quanto rovinate dall’incuria, mostrano ancora il giallo e il rosso pompeiano.

A gennaio scorso alla soprintendenza arrivò da Firenze un pacchetto contenente un frammento di affresco con un decoro di foglie: risultò staccato da una decorazione parietale della domus dei Cubicoli Floreali, nota come la casa del frutteto, sottoposta a restauri nel laboratorio specializzato degli scavi. Le indagini portarono a un ufficio postale, il mittente (libreria antiquaria Pegaso di Firenze) inesistente. Magari l’Artemide di Pompei è in viaggio verso l’estero, come gli inestimabili volumi sottratti alla biblioteca dei Gerolamini di Napoli. «I responsabili di tali atti di sconsiderato vandalismo o, come più probabile, furto vero e proprio, si dovrebbero vergognare. Rubano un patrimonio inestimabile che appartiene a italiani ed europei e alle generazioni future» il commento del commissario Ue alla Cultura, Androulla Vassiliou. Pompei ormai sembra il paradigma dell’Italia incapace di governarsi.

Il ministro Franceschini ha indetto per oggi una riunione al Mibact, già avviata un’indagine e inviato un ispettore. La procura di Torre Annunziata ha aperto due nuovi fascicoli, che si vanno a sommare a quelli sui crolli e la gestione commissariale. «Più fattori fanno immaginare che il furto possa essere stato eseguito su commissione – spiega il procuratore capo Alessandro Pennasilico -. Difficile che un turista potesse entrare in quella domus e avesse a disposizione i mezzi necessari al furto». Le indagini erano state tenute segrete, sospettato anche il personale interno. Si cerca di determinare la data del furto in modo da visionare le registrazioni delle zone adiacenti. Per la videosorveglianza il Grande progetto prevede un investimento di 6 milioni di euro e 180 nuove telecamere, al palo grazie alle lungaggini burocratiche di un piano che prevede il sovrapporsi dell’Unità Grande Pompei alla soprintendenza. Non si è badato a spese invece per i controlli sui cantieri, utilizzando addirittura gli elicotteri per blitz in grande stile. Peccato che a nessuno sia venuto in mente di tutelare i reperti dai furti.

Il neo soprintendente, Massimo Osanna, conferma che i prossimi bandi includono il sistema di videosorveglianza e una nuova recinzione ma intanto molti danni sono già stati fatti. «Nella stessa Regio VI – denuncia Antonio Irlando dell’Osservatorio Patrimonio Culturale – sono documentate tracce avanzate di devastazione di affreschi, murature, mosaici e altri apparati decorativi. Poco più avanti dal luogo della sparizione, lungo il vicolo di Mercurio, c’è la casa dei Vettii, chiusa da oltre 11 anni per lavori di restauro iniziati e stranamente mai completati, lasciando la domus in un preoccupante abbandono».

Niente manutenzione ordinaria e neppure sorveglianza ordinaria, 66 ettari di scavi affidati a 120 custodi: «25 unità a turno divisi su tre turni – spiega Gaetano Placido, Cgil Napoli – quando ce ne vorrebbero circa 380. Fino a dieci anni fa erano il doppio. Se poi consideriamo che ci sono appena 18 unità di personale tecnico e tre o quattro restauratori è chiaro che è facile far sparire i reperti. Oggi si può solo pattugliare il perimetro esterno delle aree accessibili e fare controlli sporadici nelle zone interdette».

Il Pd, da Renzi in giù, su Pompei sa solo invocare i privati. I deputati campani di Sel si chiedono che fine ha fatto la sede distaccata di Castellammare di Stabia dell’Istituto superiore per la Conservazione e il restauro, a sei anni dal protocollo d’intesa.