Sei chiuso a chiave in una stanza, hai un’ora di tempo per salvarti da una catastrofe, un serial killer o un’emergenza. Con te ci sono fino a 5 amici. Insieme dovete risolvere enigmi e indovinelli a catena. Se ci riuscite, la porta si apre e siete salvi. Se fallite, pazienza, la porta la apre chi vi ha chiuso dentro e, per 15 euro l’ora, potete riprovare quei brividi. Questo è il nuovo divertimento che si sta diffondendo in Italia. Si chiamano Escape room (stanze di fuga), e sono spazi allestiti con scenografie, musica, suoni che, evocando le atmosfere di un film, un video gioco o un libro, fanno giocare gruppi da 2 a 6 persone.

Idea partorita nella Silicon Valley 10 anni fa, le Escape Room nel 2014 sono arrivate anche in Italia e sono già un business in crescita: 100 sale, 750mila clienti, oltre mille addetti, 10 milioni di fatturato e la possibilità per chiunque di aprirne una perché ci sono società che forniscono in franchising allestimenti e assistenza. Gli scenari per ora privilegiati sono ad alto tasso ansiogeno. C’è il reparto psichiatrico dove si viene ricoverati per sbaglio e da cui bisogna uscire prima di impazzire sul serio, la cantina di un serial killer dove si rimane bloccati, il laboratorio in cui si deve individuare un virus prima che la razza umana sia cancellata, una maledizione da spezzare se non si vuole restare prigionieri per sempre, un monastero in cui si aggira un monaco assassino, un sottomarino da far ripartire prima che l’aria finisca, accuse di corruzione da smontare prima che inizi il processo, eccetera.

Anche nelle favole classiche imperava l’elemento terrorizzanze, ben distribuito fra paure per l’ignoto e il buio (Pollicino che si perde nel bosco, Hansel e Gretel prigionieri di una strega che li vuole mangiare, Cappuccetto Rosso che incontra un lupo con pessime intenzioni), per i cattivi parenti (Biancaneve e Cenerentola che hanno le loro peggiori nemiche proprio in casa), per il destino arcigno (la Bella Addormentata su tutte).

Se quelle favole lavorano solo sull’immaginario e le emozioni, quindi sull’intangibile, le Escape room riproducono fisicamente la condizione di pericolo e claustrofobia. Qual è la differenza? Le favole di un tempo instillavano nel profondo timori e insicurezze, diventando così un potentissimo strumento di potere dei grandi sui piccoli. Nelle Escape Room tutti sanno che il pericolo è per finta perché non resterai chiuso lì dentro davvero, non c’è nessun serial killer che ti vuole ammazzare e il peggio che ti può capitare è che perdi un po’ la faccia, ma in compagnia.

Oltre che da gruppi di amici, le Escape Room sono molto gettonate dalle aziende per consolidare lo spirito di gruppo e scovare i team leader. È un modo per far crescere il senso di appartenenza a un’azienda, come se fosse una famiglia, e aumentare la condivisione degli obiettivi. In sostanza, ti fanno giocare per farti lavorare con più passione, e quindi quel gioco serve ad allenarti a dare il meglio nel mondo del lavoro oggi, un luogo claustrofobico e pericoloso, dove la sopravvivenza è in costante pericolo, e non arrivare in tempo vuol dire che sei finito, che poi è la società così come l’ha costruita il capitalismo.
Non so cosa è peggio, se il potere psicologico travestito da fiaba o la persuasione abbigliata da gioco. Forse la via giusta l’avevano trovata i greci. Con tutti i loro miti, dei e semidei che ne combinavano di tutti i colori, facevano da specchio alle virtù e miserie umane nella speranza che, vedendo cosa capitava su nell’Olimpo, uomini e donne quaggiù riflettessero e rinsavissero, almeno un po’.

mariangela.mianiti@gmail.com