Esponenti delle altre forze dell’ordine rendono omaggio agli agenti uccisi davanti alla Questura di Trieste, 5 ottobre 2019 . ANSA/Andrea Pierini

Trieste è stupita: negli sguardi, nelle parole della gente, c’è soprattutto incredulità. Colpi di pistola in pieno centro? Due morti ammazzati? Una cosa mai successa, difficile da decifrare, difficile da digerire. Fiori e scritte di cordoglio sui gradini della Questura ma soprattutto tanti colleghi poliziotti alla cerimonia di ieri e lacrime, tante, per i due giovani agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego crivellati di colpi proprio dentro il palazzo.

ACCUSATO di duplice omicidio, è ancora in stato di fermo il ventinovenne di origini caraibiche, Alejandro Augusto Stephan Meran, arrivato in Questura a bordo di una volante, dopo che il fratello, saputo che aveva rubato un motorino scaraventando a terra la ragazza che lo guidava, aveva chiamato la Polizia ma anche il 118 conoscendo l’instabilità mentale del giovane. All’arrivo degli agenti e dei sanitari, Alejandro Meran era apparso «pacato e collaborativo».

Un atteggiamento mostrato anche dentro la Questura, anche se poi sembra che improvvisamente l’uomo abbia cambiato registro. E, entrato in possesso delle armi degli agenti che lo accompagnavano in bagno (non è ancora del tutto chiaro in quale modo ciò sia accaduto), si era messo a sparare all’impazzata. E aveva continuato sul marciapiede esterno, tentando la fuga, fino alla reazione di due agenti che, sparando a loro volta, l’avevano colpito all’inguine e poi bloccato.

Fitto il dibattito sul particolare che le armi usate per uccidere siano state sfilate agli agenti: trascuratezza? Sottostima del pericolo? «Abbiamo fondine vecchie, scandalosamente obsolete», denunciano gli agenti. Le fondine delle due vittime, per quel che risulta, sono state sequestrate per verificarne l’integrità e non sarebbero stati rinvenuti danni tali da comprometterne la funzionalità. Anche il Dipartimento di Pubblica Sicurezza è intervenuto nella polemica invitando ad attendere l’esito delle indagini e a non strumentalizzare quanto successo.

E POI C’È IL DATO sconcertante del numero di colpi sparati: Alejandro Meran ha dimostrato una buona dimestichezza nell’uso delle armi colpendo ben tre persone ed esplodendo una ventina di colpi. Quando sono state trovate le armi utilizzate, sicuramente due, una delle pistole era aperta e con il serbatoio vuoto mentre l’altra aveva il cane già armato. Come già detto, non tutto risulta chiaro e le domande si sommano.

Il Capo della Procura di Trieste, Carlo Mastelloni, nel riconoscere che il quadro generale della tragedia è abbastanza completo ha sottolineato tuttavia che gli inquirenti stanno comunque ancora cercando ulteriori dettagli per chiarire fino in fondo la dinamica del duplice omicidio. Raggiunto lo sparatore in ospedale dove è ricoverato, il Gip ha constatato che Alejandro Meran non intende rispondere: entro 48 ore arriverà comunque la decisione sulla convalida del fermo e la custodia cautelare.

UNA STORIA TRAGICA che colpisce due famiglie e che mostra nei telegiornali anche la disperazione della mamma di Alejandro Meran, Berania: «Nessuna parola può confortare un genitore quando perde un figlio e io non ho parole da dire, se non che mi sento distrutta. Abbiamo cercato di evitare che succedesse qualcosa di più grave perché non era chiaro cosa avesse fatto per quel motorino, per questo abbiamo chiamato i Carabinieri», dichiara in una intervista. «Siamo vissuti in Germania e lì avevano detto che mio figlio era schizofrenico o non so bene cosa. Lui sentiva delle voci, diceva che gli parlavano. Poi, qui a Trieste, non ho trovato nessuno che ci aiutasse perché mi hanno detto che prima di intervenire era necessario che lui facesse qualcosa per dire che era necessario ricoverarlo o qualcosa così». Altri scenari da scandagliare.

«Siamo in guerra», aveva sibilato a caldo il Sindaco, Roberto di Piazza. Mah, si sente cordoglio, sicuramente, ma anche tanto sconcerto: la guerra è un’altra cosa, suvvia. «Stiamo parlando del furto di un motorino, non si può morire a trent’anni in questo modo», aveva aggiunto il sindaco. E poi, ancora un poco sopra le righe: «Un po’ di colpa l‘abbiamo tutti quanti, perché ci lamentiamo se vengono fotografate persone in manette». Lo sfogatoio dei cattivisti da tastiera rilancia: «L’assassino doveva essere ammazzato, altro che ambulanza», «speriamo che lo facciano fuori a botte», e cose così, da civiltà delle caverne. Ma prevalgono il silenzio e l’attesa, anche da parte delle autorità – il presidente della Regione Massimiliano Fedriga e il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, tra gli altri – che in serata hanno raggiunto Trieste per partecipare alla messa e poi alla fiaccolata organizzata davanti alla Questura.