In questi mesi aveva lavorato alacremente per costruire una candidatura di tutto il centrodestra alle prossime regionali targata Fratelli D’Italia.

Giorgia Meloni aveva come suo personal target la Calabria. Aveva fatto «campagna acquisti» e il gruppo Fdi in regione è diventato in poche settimane il secondo dopo quello del Partito Democratico. Ha organizzato persino una kermesse di presentazione nella Capitale per i 7 neoconsiglieri. Si tratta di ex forzitalioti, vecchi centristi, trasformisti a tempo pieno, pronti a salire sul carro del vincitore, fiutato il vento.

Tra essi spiccava, Alessandro Nicolò, già berlusconiano, detentore di un bel gruzzolo di voti nel reggino. Meloni lo ha sponsorizzato come capogruppo in regione. E fino a ieri Nicolò era il fiore all’occhiello della campagna calabra di Fdi.

Fino a ieri, appunto. Perché all’alba la polizia, su mandato della Dda di Reggio lo ha prelevato dalla sua abitazione e tradotto nel carcere della città dello Stretto. Le accusa contestate agli indagati sono a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno e tentata corruzione.

INSIEME A NICOLÒ SONO 16 i soggetti arrestati: 12 in carcere e 5 ai domiciliari. La cosca «Libri» è il dominus di questa nuova inchiesta, quella che regge i fili e tesse le trame e gli intrecci tra malaffare, imprenditoria e politica. Oltre a Nicolò tra i pezzi grossi della politica reggina coinvolti figurano il capogruppo del Pd a Palazzo Campanella, Sebastiano Romeo detto Sebi, agli arresti, e Demetrio Naccari Carlizzi, già consigliere comunale a Reggio e cognato del sindaco Falcomatà, indagato.

Ci sono inoltre Demetrio Tortorella, ex assessore comunale all’Urbanistica,per i magistrati vero e proprio consigliere politico dei clan e finito agli arresti, Demetrio Berna anch’egli ex assessore al bilancio, legato al clan «Libri» da rapporti di parentela e in passato destinatario dei loro pacchetti di voti e fino a ieri fidato braccio imprenditoriale. Anche lui condotto in carcere insieme al fratello Francesco, attuale presidente dell’Ance reggina e pezzo da novanta della Confindustria calabrese.

Nei faldoni d’indagine emergono gli interessi della cosca nei settori dell’edilizia, dell’immobiliare e della ristorazione. E la politica, scrivono gli inquirenti, è collusa e coinvolta.

D’ALTRONDE, IN CALABRIA politica e malaffare si fondono da sempre, un mostro a due facce, un Giano bifronte. Qui c’è sempre bisogno di chiedere un posto di lavoro per sé o per i propri figli. La politica calabrese è un ufficio di collocamento parallelo e permanente. Chi riesce a dare lavoro, o anche solo a prometterlo, ha un potere abnorme. Così la ‘ndrangheta alimenta le sue clientele e gestisce enormi pacchetti di voti. E può decidere chi far eleggere o meno.

Nelle carte dell’inchiesta emerge, così, che la cosca «Libri», sodalizio di punta nella zona nord della città dello Stretto, avrebbe avuto «un ruolo centrale nelle elezioni regionali del 23 novembre 2014, quelle che videro trionfare Mario Oliverio (Pd), anch’egli da qualche tempo inguaiato con la giustizia. A quelle regionali i «Libri» avevano puntato le fiches su Nicolò di Forza Italia come proprio candidato. «Abbiamo vinto, con Sandro, abbiamo vinto» esultano al telefono mentre gli investigatori li ascoltano a spoglio concluso «è il primo del centro destra». L’allora aspirante consigliere regionale non avrebbe esitato a chiedere appoggi in cambio di voti. E Nicolò per i magistrati si è comportato da vero affiliato, un politico costruito a tavolino dai clan.

NON ERA DUNQUE UN MERO patto elettorale ma una vero sodalizio criminale tanto che i giudici hanno chiesto e ottenuto per lui l’arresto immediato. In un territorio che si è ormai assuefatto a ‘ndrine e signorotti locali, burocrati corrotti, imprenditori prenditori e politici che fanno solo gli interessi dei potenti, questa ennesima inchiesta non fa poi tanto scalpore. Ormai è consolidato che i potenti procurano i voti ai politici in cambio di appalti e favori.

Tutto sta a capire quando e come il calderone sarà scoperchiato. Pere la cronaca, il Pd ha sospeso i due politici coinvolti in attesa dell’esito delle indagini, mentre Fratelli d’Italia ha disposto l’allontanamento di Nicolò.

Ma ormai in Calabria destra e sinistra sono diventate nulla più che indicazioni geografiche.