Qualche giorno fa è rimbalzata sui giornali di tutto il mondo la notizia di alcuni casi di peste bubbonica nella Cina settentrionale e in Mongolia: sì, la peste, quella che odora di santi e medioevo. In realtà, i casi di peste nel mondo, che viene contagiata da un batterio che trasmettono alcuni animali della famiglia dei roditori, sono qualche centinaio ogni anno, soprattutto nella Repubblica democratica del Congo, Madagascar e Perù, ma anche in Mongolia e Cina. Come tante altre malattie, non sono preoccupanti se prese a tempo e curate con gli antibiotici. Ma la vera peste che dovrebbe preoccuparci è un’altra, che porta i nomi di altre malattie dimenticate in Europa, o quasi, come la poliomielite, o il morbillo, la difterite (si registrano casi in Bangladesh, Pakistan o Nepal) o il colera (casi in Sudan del sud, Camerun, Mozambico, Yemen e Bangladesh).

Il morbillo, che si contagia con enorme facilità con le goccioline di saliva sospese nell’aria, e la cui letalità è intorno al 5%, è in auge in molti Paesi del mondo, fra cui ancora il Sudan del sud, il Camerun, il Mozambico, lo Yemen e il Bangladesh. Nelle parole della responsabile del progetto d’immunizzazione dell’Oms, Katherin O’Brien, «i patogeni non hanno frontiere. Il morbillo da qualche parte è morbillo dappertutto».
Nel caso della poliomielite, l’arrivo del coronavirus ha costretto a bloccare gli sforzi globali che vengono fatti da più di 30 anni da, fra gli altri, l’Oms, il Rotary, l’Unicef, i Cdc americani e la fondazione Bill e Melinda Gates, per eradicare questa terribile malattia che nel 1988 lasciava più di 300mila bambini paralizzati in tutto il mondo, e che nel 2019 contabilizzava solo qualche centinaio di casi: sempre troppi, ma pur sempre un enorme miglioramento.

Si tratta di vaccinare milioni di bambini in Paesi con sistemi sanitari fragili e in condizioni precarie. Tra l’aver deviato gli sforzi a frenare il coronavirus e lo sconsigliare le riunioni massive di persone, che portavano i bambini a ricevere il vaccino di Sabin nella bocca, quest’anno la lotta contro questa terribile malattia è rimasta al palo.

Ma come ha detto sul New York Times Chibuzo Okonta, presidente di Medici senza frontiere in Africa centrale e occidentale, «il rischio è un’epidemia entro pochi mesi che potrebbe uccidere più bambini che la Covid». Anche se le vittime del coronavirus nel mondo sono già più di mezzo milione, e 12 milioni i contagiati, gli organismi internazionali fanno pressione perché vengano riprese con cautela ma prontamente le campagne di vaccinazione internazionale. Sono a rischio gli sforzi di vaccinazione che hanno portato, secondo i calcoli del Vaccine Impact Modeling Consortium, a risparmiare 35 milioni di vite di bambini in 20 anni.

Come ha detto il direttore generale dell’Onu Tedros Adhanom Ghebreyesus qualche giorno fa, «l’interruzione dei programmi di immunizzazione minaccia di disfare decenni di progressi contro malattie prevenibili con i vaccini». Gli autori di un articolo sulla rivista scientifica The Lancet aggiungono che questa interruzione potrebbe anche «peggiorare la disuguaglianza di vecchia data nella copertura immunitaria, soprattutto nelle città rapidamente urbanizzate».