Spenti i riflettori sul circo bianco di Sochi, è tempo di bilanci, prima di guardare alla prossima olimpiade invernale che si svolgerà a Pyeongchang, in Corea del sud. E il bilancio per l’Italia non è dei migliori, perché il medagliere olimpico di Sochi ci colloca al ventiduesimo posto. Certo l’elenco delle recriminazioni è lungo, cui si aggiungono i distinguo e i se, in particolare riferimento ai quarti posti, che potevano diventare terzi posti e il medagliere sarebbe cambiato…se non si fossero piazzati altri al posto degli italiani.

La girandola di giustificazioni che hanno sciorinato i dirigenti dello sport italiano sui mancati risultati sperati e non raggiunti a Sochi è imbarazzante. Eppure i soloni dello sport nostrano dovrebbero essere i primi ad accettare i verdetti dello sport, senza alcun se e ma. Davanti alle platee di ragazzini o adolescenti, si abbandonano facilmente alla retorica del rispetto delle regole, degli altri, di accettare il risultato, di rispettare le decisioni dell’arbitro. Ogni qualvolta l’Italia registra un tonfo, si cercano sempre i responsabili fuori dal proprio ambito, come se fossero altri a determinare i risultati e non il varo di programmazione e di allenamenti pianificato dagli allenatori e dagli atleti.

Come tante altre volte il capro espiatorio per il tonfo di Sochi è diventato la scuola. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, ha detto durante la conferenza stampa di bilancio dei risultati ottenuti dagli atleti azzurri, che al suo rientro in Italia avrebbe incontrato il neo ministro all’Istruzione Giannini “per risolvere il problema del rapporto tra sport e scuola, dove deve cominciare il reclutamento”.

Facciamo una certa difficoltà a considerare la scuola come serbatoio di reclutamento delle federazioni sportive invernali, certo ci vuole fantasia a immaginare gli studenti italiani che ogni giorno si recano a scuola con gli sci di fondo, specialità dove il capitombolo italiano a Sochi è stato enorme. Ogni qualvolta l’Italia registra cattivi risultati ai più importanti appuntamenti sportivi internazionali, si annuncia il reclutamento nella scuola, responsabile del nulla fare.

E’ successo anche ai campionati mondiali di atletica leggera svoltisi a Mosca ad agosto del 2013, dopo la debacle italiana con zero medaglie, si è detto che la responsabilità dei mancati risultati è della scuola. Insomma, quando ci sono le medaglie i meriti sono dei dirigenti sportivi, degli allenatori e degli atleti, quando non si sale sul podio spunta la scuola. Il giochino dura da anni e fa comodo al Coni, che con il ministero dell’Istruzione da decenni condivide le politiche sportive nella scuola, a cominciare dai vecchi Giochi della Gioventù, fino al progetto sperimentale di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria della durata di tre mesi all’anno, che va avanti da dieci anni. Sarebbe ora che il presidente del Coni Malagò lasciasse lo sport agli studenti e si occupasse esclusivamente dello sport olimpico con relativi oneri e onori.