L’epica battaglia delle tasse sulla plastica, sugli zuccheri e sulle auto aziendali ha ripreso slancio dopo la guerra pentastellata per procura leghista sul fondo Salva Stati e una distensione sul fronte della prescrizione. Il governo che ha annunciato un’ambizioso «Green New Deal» e prevede anche un taglio ai sussidi ambientalmente dannosi (quasi 2 miliardi, da sfrondare su un totale di almeno 19) ieri annaspava in un bicchiere d’acqua.

DOPO DUE ORE di vertice di maggioranza ieri a Palazzo Chigi le armate giallo-rosse-renziane si sono accordate su un rinvio ad oggi. Nelle ore notturne si dovrebbero trovare l’accordo mancante. La mediazione che si starebbe cercando tra le animose parti sarebbe quella di rinviare le tasse della discordia almeno alla metà del 2020. I renziani di Italia Viva che hanno trovato nella bandiera «No Tax» uno strumento per evidenziare la loro centralità , hanno chiesto una proroga al 2021. In pratica, ucciderla nella culla dopo che per settimane il governo da loro sostenuto si è esposto oltre misura su quello che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha definito «il 5% della manovra».

UNA PERCENTUALE così modesta, che contempla anche le tasse sulle auto-aziendali e quelle sugli alimenti zuccherati, fa tremare l’esecutivo. O il calcolo è sottostimato, considerate le enormi tensioni che ha creato, oppure rappresenta le ambizioni politiche in questa congiuntura. Non è escluso che entrambe le ipotesi siano vere, a questo punto. In ogni caso, prima delle otto di stamattina, dovrà essere trovato un accordo. Ma oggi è un altro giorno e si vedrà.

UN MESSAGGIO pacificante, si fa per dire, era stato lanciato ieri da Matteo Renzi prima del vertice. «Le tasse contro la plastica e lo zucchero funzionano mediaticamente per i populisti. Ma sono un autogol per le aziende del settore. E fanno licenziare 5 mila persone». Lo ha detto riferendosi agli alleati Cinque Stelle, ma ha colpito anche il ministro Gualtieri che, da non «populista», ha l’ingrato compito di difendere la proposta, con convinzione. Nel frattempo Italia Viva ha depositato un sub-emendamento all’emendamento unico del governo alla legge di bilancio in cui chiede di sopprimere l’intero articolo dedicato alla «Plastic tax».

VISTO CHE L’ABOLIZIONE delle microtasse creerebbe un buco, almeno di 1,7 miliardi, per i renziani le coperture sostitutive arriverebbero dai tagli ai ministeri e dal fondo per il finanziamento dei provvedimenti legislativi. Dal 2021 si punta ad aggiungere alle riduzioni dei ministeri un altro taglio dei fondi destinati al cosiddetto «reddito di cittadinanza». Insieme a «quota 100», il «Workfare» creato dai Cinque Stelle è un altro obiettivo da abbattere per i renziani, indisponibili sia a considerare la sua riforma in termini universalistici all’interno di un cambiamento del Welfare, sia a valutare l’impostazione di governo di poveri e disoccupati più consonante con la loro esibita cultura neoliberale. Per non lasciare alcun dubbio sulle loro intenzioni, rispetto all’impostazione sulle sfortunate tasse decise dal governo, hanno depositato anche l’emendamento che sopprime quelle sulle auto aziendali.

IL PRESIDENTE del Consiglio Giuseppe Conte, avvocato delle rogne prima ancora che del «popolo», ha rinunciato a partecipare alla celebrazione del decennale dell’Alta velocità per sciogliere questo ingorgo nella sua maggioranza. E si dice che anche lui, al termine del vertice, abbia fatto riferimento alla legge del «5 per cento» di Gualtieri che ingolfa il motore del governo: «Già adesso è una manovra che non aumenta la tassazione, non può essere distorta per un paio di limitate misure collegate a tasse di scopo».

E TUTTAVIA è proprio quello che sta accadendo. L’ipotesi del rinvio di qualche mese, o di un anno, sempre che poi oggi non ci sia un altro coniglio dal cappello, conferma le voci fuggite dal palazzo: se sono così «limitate» perché, allora, non rinviarle, e non se ne parli più? «Ci mettiamo d’accordo» ha pronosticato il ministro per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà.

UN ACCORDO andrà trovato anche sull’iter parlamentare della manovra. Al vertice c’è stato anche un confronto tra chi propone di prendersi più tempo al Senato e poi portare il testo alla Camera per una lettura solo confermativa, senza modifiche. E c’era chi invece vuole dare un ruolo ai deputati e cambiare eventualmente il testo in un nuovo giro di valzer. Se serve si può arrivare anche tra Natale e Capodanno. Poi si potrà uscire dal bicchiere d’acqua.