Nel Kurdistan turco è guerra senza esclusione di colpi. 16 soldati di Ankara (31 secondo il partito di Ocalan, incluso il colonnello, Ilker Çelikcan) sono stati uccisi domenica notte ad Hakkari. Due bombe hanno colpito veicoli militari mentre passavano per Geliya Doski presso Daglica, al confine tra Turchia, Iraq e Iran. Il governo turco ha risposto con attacchi di F-4 e F-16 contro il Pkk per vendicare le bombe che hanno colpito i militari. Il premier ad interim, Ahmed Davutoglu ha cancellato un viaggio nella città di Konya e indetto una riunione di emergenza con il capo dello staff dell’esercito, Hulusi Akar, e il capo dell’Intelligence, Hakan Fidan.

Nelle principali città del Kurdistan turco vige il coprifuoco da settimane, dopo la campagna di Ankara contro il Pkk, lanciata il 24 luglio scorso e che ha causato la morte di centinaia di combattenti kurdi. In varie municipalità i cittadini hanno dichiarato l’autonomia e organizzato comitati di auto-difesa. Dall’inizio del conflitto tra Ankara e Pkk sono oltre 40 mila i morti tra gli affiliati al partito di Ocalan.

Dal 2013 è stato dichiarato il cessate il fuoco con le autorità turche che avrebbe determinato il possibile disarmo del Pkk se fosse entrata in vigore la dichiarazione di Palazzo Dolmahbace, negoziata dal partito della sinistra filo-kurda (Hdp), e poi stracciata da Erdogan in seguito alla vittoria elettorale del partito di Demirtas che, entrando in parlamento il sette giugno scorso, ha scompaginato gli equilibri politici in Turchia. In seguito all’attacco di Hakkari, Erdogan ha accusato il Pkk di aver sfruttato il processo di pace per «tradire il paese accumulando armi». Demirtas invece ha condannato gli attacchi chiedendo una tregua immediata.

A Cizre, roccaforte di Hdp dove il partito ha ottenuto oltre il 90% dei voti lo scorso giugno, i carri armati dell’esercito hanno occupato il centro urbano. Tre abitazioni sono state date alle fiamme, tra i morti un neonato che non è stato trasportato in tempo in ospedale perché le ambulanze non sono potute entrare nei quartieri controllati dall’esercito. Ci sarebbero almeno altri tre morti a Cizre, secondo fonti di Hdp, Mehmet Emin Levent, Sait Cagdavul e Cemile Cagirga, una bambina di 13 anni.

Neppure gli attacchi alla stampa indipendente si sono placati. 150 sostenitori di Erdogan hanno marciato verso la sede del quotidiano Hurriyet, lanciando pietre. Anche la destra nazionalista Mhp ha criticato l’attacco. Mentre la giornalista olandese freelance, Frederike Geerdink, che da tempo vive e lavora a Diyarbakir, è stata arrestata per la seconda volta dall’inizio dell’anno con l’accusa di sostenere il Pkk.

Scontri anche nel Kurdistan siriano (Rojava). In assenza degli annunciati bombardamenti della coalizione internazionale contro l’Isis la guerra per la conquista della città di Marea, 20 chilomentri a nord di Aleppo. Sarebbero almeno 47 i morti nelle ultime 24 ore. Gli Usa si erano impegnati per interventi aerei rafforzati contro chiunque (Isis e truppe governative) minacciasse i ribelli sostenuti da Washington, dando il via libera all’attuazione del piano turco per la formazione di safe-zone in Siria. Il confine turco-siriano resta off-limits per i profughi che fuggono da Rojava.

Ieri un quinto scafista turco, responsabile del traffico di migranti tra Bodrum e Kos, costato la vita a decine di rifugiati, tra cui il piccolo Aylan Kurdi, la cui immagine ha fatto il giro del mondo, è stato arrestato dalla polizia turca.