Divisa come non mai sull’accoglienza ai profughi, l’Europa ritrova l’unità nel chiedere maggiori controlli alle sue frontiere e aiuti per Turchia, Libano e Giordania. Aiuti il cui scopo principale è quello di tenere i profughi siriani nei campi allestiti nei pressi della frontiera con la Siria. «Così sono più vicini al loro Paese, piuttosto che venire fino a qui in Europa», ha spiegato il presidente francese Francois Hollande.

Il giorno dopo la spaccatura registrata al vertice di ministri degli Interni tocca ai capi di Stato e di governo, riuniti anche loro a Bruxelles, provare a rimettere insieme i pezzi dell’Unione europea. Impresa in parte facilitata dalla decisione di Ungheria, Romania e Repubblica Ceca di accettare le quote stabilite dalla commissione europea e di non seguire la Slovacchia sulla strada del ricorso alla Corte di giustizia europea. Il che non significa che i Paesi dell’est – i più duri nel contrastare la distribuzione dei profughi – abbiano gettato la spugna. Siamo piuttosto di fronte a un cambio di strategia che questa vota potrebbe far breccia tra i 28. «Abbiamo Schengen, che è un accordo firmato da tutti che dice chiaramente come fare a difendere le frontiere. Se non seguiamo le regole, tutta l’Ue piomba nel caos», ha spiegato al vertice il premier ungherese Viktor Orban proponendo anche che sia l’Europa a effettuare controlli in Grecia greca per impedire l’arrivo di nuovi profughi.

Non è la prima volta che Orban batte si questo tasto. Contrariamente al passato, però, stavolta potrebbe essere ascoltato. Quello del controllo delle frontiere è un tema che da sempre Bruxelles ha sul tavolo e realizza stanziando periodicamente nuovi fondi per Frontex. Stavolta però sembra decisa ad andare oltre. Al vertice di ieri si è infatti discussa la possibilità di creare una forza da dislocare lungo i confini sia terrestri che marittimi dell’Unione. A parlarne per primo è stato il commissario all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos (ma anche Hollande si è detto d’accordo) annunciando la creazione entro la fine dell’anno di un sistema «operativo ed efficace» di guardia di frontiera e costiera europea. «Rafforzare il controllo delle frontiere esterne è fondamentale per far funzionare Schengen», ha spiegato. Non si tratta dell’unica novità. Il commissario ha infatti detto di voler presentare entro marzo del prossimo anno anche tre proposte legislative che prevedono l’introduzione di una Blue Card per l’immigrazione legale, la riforma del trattato di Dublino e un meccanismo di ricollocazione permanete dei migranti.

C’è poi altro capitolo che Bruxelles considera fondamentale. Ed è quello relativo agli aiuti ai Paesi in cui si trova il maggior numero di profughi siriani. E in cima alla lista c’è la Turchia, paese in cui si trovano due milioni di profughi siriani. «Se non si risolve con la Turchia l’Ue è persa», ammonivano fonti diplomatiche prima dell’inizio del vertice, per niente convinte che nuovi fondi possano bastare a risolvere la crisi. Bruxelles ritiene che servano subito due miliardi di euro, uno da versare alle agenzie dell’Onu che si occupano dei rifugiati (Unhcr, Pam e le altre) e uno direttamente ad Ankara perché si attivi per fermare le partenze verso l’Europa. «Con 8 milioni di sfollati i Siria, oggi parliamo di milioni di potenziali rifugiati che cercano di raggiungere l’Europa. Abbiamo raggiunto un punto critico», ha ricordato il presidente del consiglio europeo Donald Tusk.

A tutti i leader è comunque chiaro che l’unico modo per mettere davvero fine all’emergenza profughi è mettere fine al conflitto siriano. «Qualsiasi strada possibile per trovare una soluzione in Siria deve essere percorsa», ha detto Hollande riferendosi a un possibile coinvolgimento della Russia. La guerra in Siria è stata anche uno dei temi affrontati in una telefonata tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente degli Stati Uniti Barak Obama. Entrambi i leader hanno concordato sulla necessità di una transizione politica in Siria.