Ieri mattina ha riunito i suoi a Roma, la sera prima aveva visto la presidente della camera Laura Boldrini. Ma nessuno mette le mani sul fuoco su quello che Giuliano Pisapia dirà domenica  all’assemblea «Diversa», a Roma, alla quale arriveranno fra gli altri la  stessa Boldrini, il prodiano Santagata, Speranza (Mdp), e dal Pd Cuperlo, Manconi e Damiano. I suoi gli chiedono di decidere anche una linea nazionale, oltre agli accordi per le regionali. Dal Pd c’è chi invece dà per quasi fatta l’alleanza con l’ex sindaco.

La novità è che ora Campo progressista è diviso a metà. Da una parte quelli che hanno preso atto che «non ci sono le condizioni per un accordo con il Pd di Renzi», nonostante il (blando) pressing di Orlando e Franceschini sul loro segretario. Ieri Massimiliano Smeriglio, vicepresidente del Lazio, ha presentato a Roma il suo romanzo «Per quieto vivere». Fra le relatrici, Laura Boldrini. Evento culturale, «no comment» sulla politica.

Ma le carte in Cp si sono rimescolate: fra i contrari all’accordo con il Pd stavolta c’è il centrista Bruno Tabacci che di recente ha avuto un colloquio con Bersani. Questa parte di Cp guarda con interesse a «Boldrini, Bonino e Pietro Grasso»,  leader in pectore della lista unitaria. Che ieri da Ferrara è tornato sul  suo addio al Pd: «Il Pd era quello di Bersani, non c’è più».
Dall’altra parte ci sono quelli dell’ineluttabilità di un accordo «con il Pd. Come Luigi Manconi che ieri ha fatto un nuovo atto di fiducia  verso la leadership di Pisapia, per la verità ormai ammaccata: «Pisapia è la persona che più di chiunque altro si sta spendendo persino un po’ di cocciutaggine perché si ricostituisca un rapporto di alleanza e comunicazione nel centro-sinistra», «È chiaro a tutti che o si realizza un’alleanza oppure la sconfitta sarà un dato di certezza quasi matematica».