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Pipoca moderna, il risveglio di Bahia

Pipoca moderna, il risveglio di BahiaMarcia Castro sul palco di «Pipoca moderna» – Tiago Lima

Musica Con l’infiammarsi della protesta sociale nelle piazze brasiliane, anche i suoni di Salvador tornano a sollecitare le coscienze come ai tempi della dittatura militare. L’esempio del festival ideato e diretto dalla cantante Marcia Castro. Così la scena indipendente della "Roma Negra" riscopre l'impegno

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 5 aprile 2014
Roberto LyckeSalvador da Bahia

A giugno dell’anno scorso quando dal Brasile arrivarono le immagini delle proteste contro l’aumento dei prezzi dei mezzi pubblici, alcuni organi di stampa internazionali indicarono negli strati più poveri della società brasiliana i responsabili dei disordini. In realtà, dopo analisi più attente si è scoperto che quelli che urlavano davanti alle porte dei palazzi del potere, non erano gli abitanti delle favelas. Era il ceto medio, stanco di un governo che sembra aver perso per strada la fiducia e l’appoggio dell’elettorato di cui godeva Lula.

Le contestazioni cominciate con l’inaugurazione della Confederation Cup a quasi un anno di distanza si sono moltiplicate a macchia di olio. Complici gli enormi sprechi che hanno caratterizzato l’organizzazione dei Mondiali di calcio e altri scandali che hanno visto implicate alte personalità del Partito dei Lavoratori (il partito che guida il governo), complici i forti squilibri e la violenza nelle strade che è arrivata a livelli sconcertanti, la paura di una recessione e la mancanza di fiducia nelle istituzioni diventano sempre più evidenti.

In questo clima di protesta, Salvador capitale dello stato di Bahia sta riscoprendo un impegno politico che non si avvertiva dagli anni della dittatura. Un ruolo importante lo stanno svolgendo i vari blog, che fanno da tam-tam per l’organizzazione delle contestazioni, a favore delle quali si sono apertamente schierati molti artisti. Ma anche la scena della musica indipendente è attivissima: la presa di coscienza collettiva ha creato il giusto contesto per uscire allo scoperto.

Uno dei grandi appuntamenti che ha caratterizzato questa prima parte dell’anno è stata «Pipoca Moderna». Festival arrivato alla sua terza edizione, e organizzato da Marcia Castro, una delle protagoniste della musica baiana di questi ultimi anni.

Il nome della manifestazione prende spunto dalla folla, che imitando il pop corn (pipoca) danza fuori dalle corde che delimitano i blocchi. In alcuni casi la scelta può essere ideologica, ma nella maggioranza dei casi è a causa di questioni economiche: il costo degli abadà, le magliette che consentono l’accesso ai blocchi e ai trio elettrici è spesso inaccessibile per gran parte dei soteropolitani, (nome con il quale vengono chiamati gli abitanti di Salvador, dal nome reco della città, Soteropolis). I pipoqueiros, che come pop corn impazziti agitano le code dei blocchi, rappresentano il vero carnevale di strada baiano, o ciò che rimane delle sue origini popolari.

Ed è proprio da qui che parte l’idea di Marcia Castro; riportare il carnevale di Salvador a uno spirito più autentico, sostenendo proposte che non gravitano nel solito circuito locale. In sole tre edizioni, la cantante ha messo in piedi un festival di primordine nel quale a turno transitano i nomi migliori del panorama musicale brasiliano. L’appuntamento quest’anno si è svolto presso il Clube Fantoches da Euterpe, uno dei club di ballo più antichi di Salvador. Suddiviso in tre serate, il festival ha aperto, quasi in concomitanza con la festa consacrata alla divinità afrobrasiliana che protegge Bahia, Yemanjà, alla quale è stato dedicato l’intero show. Marcia Castro insieme a Mariana Aydar, Sandra de Sa e Mariene de Castro, hanno duettato tra marchinhas di carnevale, samba tradizionali in onore della dea marina, e canzoni dei rispettivi song books.

Nel secondo appuntamento, il clou dell’intero festival, si sono alternati sul palco Otto, Iara Renno, Caetano Veloso e Ney Matogrosso. L’inedito duetto tra questi ultimi due rimane uno dei momenti più emozionanti nel panorama musicale di una città, dove purtroppo è sempre stato difficile proporre cose non in linea con le leggi dell’industria del divertimento.

La serata di chiusura, ribattezzata A Noite das Mulheres Super Poderosas, «la notte delle superdonne», ha riunito la rockeira Karina Buhr, la Beyoncè del Parà Gaby Amarantos e l’ex voce dei Novos Baianos, Baby do Brasil, in uno show pre-carnevalesco d’altri tempi. Sorpresa dell’ultimo minuto, è stata la partecipazione della regina della musica axè, Daniela Mercury, la cui presenza ha ribadito ancora una volta il concetto che la musica brasiliana non è snob, né alta. né bassa, e spesso non ama marcare divisioni tra i generi con la squadra e il righello. In questa visione orizzontale della musica i brasiliani sono sempre stati coerenti. In nessuna altra parte del mondo i crossover o le misture sono veramente tali come in Brasile. Lo scrittore e antropologo Darcy Ribeiro ci aveva visto lungo, e prima di lui Gilberto Freyre, che sulla miscela tra razze e culture in Brasile ha scritto libri su libri.

Progetti come «Pipoca Moderna» sono la prova che divertirsi a Salvador non vuol dire per forza ignorare la realtà. La gran parte delle persone che frequentano queste serate sono quegli studenti che si interrogano sul futuro del paese. Stanchi di sentirsi dire che il Brasile è il paese ricco di cui tutti parlano, fanno notare come in realtà la ricchezza a cui si riferiscono gli economisti sia vera solo nei numeri, e come questa venga mal distribuita.

Marcia Castro, che vive tra São Paulo e Salvador, durante un intervista rilasciata qualche mese prima dell’inizio delle proteste, già criticava lo stato in cui si trovava in particolare l’istruzione pubblica brasiliana: «È la priorità per un popolo che non ha ancora pienamente coscienza delle proprie possibilità e soprattutto dei propri diritti»; gli stessi temi delle proteste di piazza.

Grazie a progetti come «Invasão Baiana», festival che quest’anno si è svolto a Brasilia, e alla nascita di piccole e coraggiose etichette indipendenti come la Garimpo Musica, Salvador riallaccia un discorso che si era interrotto agli inizi degli anni ’80, quando per ragioni puramente economiche l’industria musicale baiana scelse di investire tutto sulla nuova musica del carnevale: l’axè.

Attualmente la scena indipendente soteropolitana, grazie anche soprattutto alle possibilità che offre la rete e a una intensa attività live, è riuscita a costruirsi un circuito proprio. Ogni fine settimana si può assistere a concerti di musicisti che vengono da tutto il paese per collaborare con bande come i Baiana System, che mischiano il dub alla chitarra baiana (lo strumento che rappresenta il simbolo del carnevale di Salvador). Anche le le esibizioni dell’Orkestra Rumpilezz del maestro Letieres Leite, che utilizza ritmiche del candomblè, il culto afrobaiano per eccellenza, e una sezione fiati in stile big band, sono state molto apprezzate. Il country surf dei Retrofoguetes, e il jazz-cabaret di Manuela Rodrigues, condividono gli stessi spazi con il samba di Mariene de Castro, nuova stella del samba de raiz, il samba «delle radici».

Il pop sperimentale di Lucas Santtana, chitarrista che l’etichetta inglese Mais um discos distribuisce qui in Europa. E l’hip hop conscious del trio degli Opanijè danno l’idea di una città connessa con il mondo.

A Bahia (molto più che da altre parti), i generi e gli stili musicali si sono sempre mischiati l’uno all’altro senza gerarchie o distinzioni particolari. In un certo senso questo dà alla sua musica un sapore di assoluta spontaneità, distante da qualunque intellettualismo fine a se stesso. Le citazioni colte e quelle popolari si legano le une alle altre, senza inibizioni o complessi. Per questa ragione, nel caso di Salvador è praticamente impossibile riconoscere una scena dove tutti condividano la stessa estetica musicale. Se proprio si vuole cercare un filo conduttore, potremmo trovarlo in quel gusto per il sacro mischiato al profano, che ha molto a che vedere con la cultura della città. Oppure è semplicemte l’eredità di quella antropofogia che animava il tropicalismo di Tom Zè, Gil Caetano e compagni, che torna a farsi sentire dopo tanti anni.

I segnali che anche la cosiddetta «Roma Negra» (nome dato a Salvador da Mae Aninha, sacerdotessa di origine Yoruba che fondò all’inizio del secolo scorso uno dei terreiros più antichi della città) stia riguadagnando il rispetto della scena culturale del paese ci sono tutti. La prossima estate, dopo ben 46 anni, Bahia si riprende la sua biennale. Non accadeva dal 1968, anno in cui la seconda edizione fu chiusa dai militari.

Ora non resta che aspettare i prossimi mesi per vedere cosa succederà sul palcoscenico dei Mondiali di calcio. Con il suo stadio nuovo di zecca, orgogliosamente consegnato in anticipo rispetto ai tempi previsti, Salvador è una delle sedi più importanti. Il governo ha già promesso leggi repressive durissime, mentre parte della società si organizza per cogliere l’occasione di attirare l’attenzione sui mille dubbi che “agitano” gran parte del paese. Anche qui a Salvador la coppa, oltre che negli stadi si giocherà anche in strada.

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