Aggrappata al “suo” altoforno, Piombino dovrà aspettare ancora qualche giorno per sapere se c’è davvero un futuro per le Acciaierie, e soprattutto per l’area a caldo del gigantesco stabilimento ex Lucchini. L’atteso incontro al ministero dello sviluppo economico con i sindacati metalmeccanici non ha dato risposte certe alla richiesta dei quattromila lavoratori, fra diretti e dell’indotto, di mantenere in funzione il cuore della cittadella dell’acciaio. Il viceministro Claudio De Vincenti ha spiegato a Fiom, Fim e Uilm che il governo deciderà dopo la presentazione delle offerte (non vincolanti) per la ex Lucchini. Offerte che dovranno essere accompagnate da garanzie bancarie per almeno 300 milioni di euro. Solo dopo questo passaggio, decisivo, il ministero darà o meno l’ok al commissario straordinario Piero Nardi di ordinare le materie prime per tenere ancora acceso l’altoforno.

“E’ stato un incontro interlocutorio – tira le somme Rosario Rappa della Fiom – anche se prendiamo atto positivamente del percorso fissato dal governo. Lunedì si farà il punto delle offerte presentate. Il giorno dopo dovranno arrivare le garanzie bancarie, e giovedì ci sarà un nuovo incontro al ministero per una prima valutazione, e per capire se ci sono le condizioni per ordinare la materie prime necessarie a garantire la produzione per un altro mese, in modo da arrivare all’offerta finale”. Dunque restano ancora dei nodi di sciogliere. Anche se Rappa, ricordando che sull’altoforno c’era un impegno del governo, puntualizza: “Per noi è fondamentale che tutto questo percorso avvenga a impianti funzionanti”.

Il problema è che il cronoprogramma fissato da De Vincenti non è uguale a quello proposto da Fiom, Fim e Uilm. All’esecutivo di Matteo Renzi i sindacati chiedevano di acquistare subito la nave di minerale necessario per alimentare ancora per qualche tempo l’altoforno. Una spesa di circa 40 milioni di euro, che invece è stata rinviata di una settimana. E soprattutto è stata subordinata ai 300 milioni di garanzie bancarie richieste ai potenziali acquirenti. Che al momento sembrano ridursi a due soltanto: gli arabi di Smc, che assicurano il mantenimento dell’area a caldo ma hanno visto bocciata dal commissario Nardi la loro proposta di una trattativa in esclusiva, e il fondo svizzero Klesch, che invece dell’altoforno non sa che farsene e, almeno a mezzo stampa, ha ipotizzato il suo smantellamento.

Gli altri possibili acquirenti – la Duferco, la Feralpi Siderurgica e le Acciaierie Venete – hanno già fatto sapere al commissario Nardi che non presenteranno offerte. Eppure De Vincenti, dopo aver assicurato che per il governo “non c’è alcun pregiudizio nei confronti di nessuna delle proposte”, ieri ha invitato anche loro a dar seguito alle vecchie manifestazioni di interesse. Analoghe a quella del fondo Klesch, quanto a smantellamento dell’altoforno. Con la conseguente cassa integrazione, a tempi indefiniti, per migliaia di lavoratori. In questo contesto, facile capire come Piombino e l’intera Val di Cornia facciano il tifo per gli arabi di Smc. Senza dimenticare, nemmeno per un attimo, che il vecchio governo Letta si era impegnato comunque a tenere acceso l’altoforno durante le trattative di vendita della ex Lucchini.