Tutti a processo. Gli imputati per il disastro ferroviario di Pioltello, nel milanese: il 25 gennaio 2018 nel deragliamento del treno regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi morirono tre persone e diverse decine rimasero ferite.
A deciderlo è stato oggi il gup milanese Anna Magelli al termine di un’udienza preliminare che ha visto anche un approfondimento istruttorio e il rigetto di una richiesta di patteggiamento a tre anni e mezzo di carcere, pena ritenuta non congrua.
Così sono stati rinviati a giudizio, oltre a Rete ferroviaria italiana (Rfi) in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, l’ex ad Maurizio Gentile, ora commissario straordinario per la messa in sicurezza della A24 e A25, e altre 8 persone all’epoca dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi: tra questi Andrea Guerini, responsabile della linea sud della Direzione territoriale produzione; Vincenzo Macello, direttore della Direzione territoriale produzione (entrambi del comparto di Milano); Moreno Bucciantini, capo reparto Programmazione e controllo dell’Unità Territoriale Linea Sud; Ivo Rebai, professional senior responsabile della struttura operativa ingegneria della Direzione territoriale produzione; Umberto Lebruto, direttore della Direzione produzione e Marco Gallini, dirigente della struttura organizzativa della società pubblica, citata anche come responsabile civile. E anche Ernesto Salvatore, all’epoca responsabile del Nucleo manutentivo lavori di Treviglio di Rfi, che ha provato a patteggiare.
Il dibattimento si aprirà il 12 ottobre davanti alla quinta sezione penale del Tribunale. Per celebrare il processo si sta già cercando un’aula adeguata anche perché le «persone offese», tra familiari delle tre donne che hanno perso la vita, i feriti e i passeggeri che per mesi hanno avuto i postumi dello choc, sono in tutto 102. Le accuse sono disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e solo per Gentile, Lebruto, Macello e Gallini anche la «rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro».
Si tratta dello stesso titolo di reato contestato per l’incidente della Funivia del Mottarone, anche se in questo caso non nella forma della «rimozione» ma «omissiva»: infatti, come si legge nel capo di imputazione, avrebbero omesso sia «di disporre la collocazione» di «apparecchi destinati a prevenire disastri e infortuni sul lavoro», i cosiddetti «giunti Marini» o complementari «in grado di segnalare tempestivamente anomalie» dei giunti a cui sono collegati, sia di dotare la rete di «treni diagnostici» con caratteristiche equivalenti al treno “Galileo” «fermo per vetustità e guasti dalla seconda metà del 2016». Per la Procura, in sostanza, quello di Pioltello fu un disastro ferroviario causato da una lunga serie di carenze nella «manutenzione» e nella «sicurezza» e tutto ciò al solo fine di risparmiare.