Sottovalutata all’inizio, nonostante gli allarmi, quando è esplosa hanno provato a tamponarla, ma senza un piano né un protocollo è prevalsa la confusione. Parliamo delle Rsa in Piemonte, che si sono trasformate in focolai ingestibili di Covid-19. E non bastano per normalizzarla le toppe comunicative dell’Unità di Crisi «nel 90 per cento dei casi nelle Rsa del Piemonte non si è trovata la situazione grave che veniva paventata», né le rassicurazioni l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi: «Nessuna intempestività da parte della Regione sulle Rsa». Secondo i dati raccolti dalla Fp Cgil sarebbero 450 le morti sospette nelle Rsa (ospiti deceduti con sintomi da Coronavirus) e oltre 400 gli operatori contagiati. Con l’aumento dei tanto attesi screening emerge come ci siano positivi in ogni struttura.

Quella in corso nelle case di riposo piemontesi è una lunga scia di morti che non cessa e su cui stanno indagando, per epidemia colposa, le procure di Vercelli, Novara, Cuneo, Torino e Ivrea. I casi più eclatanti sono quelli di Grugliasco, San Mauro, Bosconero, Brusasco, Trofarello (in provincia di Torino), Vercelli, Tortona (Alessandria), Borgomanero (Novara), Villanova Mondovì (Cuneo) e, infine, Grana (Asti), dove il sindaco Cristiano Gavazza ha chiesto di istituire una zona rossa in stile Codogno. «Da più parti giungono angoscianti relazioni di infermieri che operano in condizioni disastrose. Completamente abbandonati a loro stessi, da responsabili di strutture che di responsabile hanno ben poco», denunciano i presidenti degli Ordini delle Professioni Infermieristiche in una lettera indirizzata al governatore Alberto Cirio e all’assessore Icardi.

Nella giornata in cui viene superata l’asticella dei 2 mila morti ufficiali, la giunta regionale prova, però, a ridimensionare il caso Rsa promettendo che entro la fine della settimana circa il 40 per cento degli ospiti e degli operatori delle 750 Rsa piemontesi sarà sottoposto a tampone. «Abbiamo affrontato di petto – ha rimarcato l’assessore al Welfare Chiara Caucino – i tre problemi evidenziati per le Rsa: personale, dispositivi di protezione e tamponi». Sono, secondo l’Unità di Crisi, 248 i deceduti per Covid-19 nelle Rsa da gennaio a fine marzo e 3.610 i positivi sui quasi 14mila tamponi effettuati. Le opposizioni fotografano, invece, un disastro; Pd, Liberi Uguali Verdi, Lista Monviso e Moderati invitano la giunta a evitare lo scaricabarile e chiedono conto della controversa delibera «per ospitare positivi nelle Rsa» e perché non si sia «pensato subito di riaprire ospedali abbandonati».

Sulla delibera, Nicola Fratoianni di Leu ha depositato un’interrogazione parlamentare. «L’assessore Icardi – attacca Marco Grimaldi, capogruppo di Luv in Regione – dà la colpa al ministero perché aveva pronti gli esami sierologici poi bloccati, e spiega che la famigerata delibera per trasferire i malati di Covid 19 nelle Rsa è stata travisata e completamente modificata: però, per la prima volta, ammette che a Torino persone positive sono state ospitate in una casa di riposo. Tante bugie in una sola difesa d’ufficio».

Per Elena Palumbo, segreteria regionale della Fp-Cgil, il tema è ora come si gestirà la fase due del post-tampone: «Le Rsa si stanno trasformando in piccoli ospedali senza esserlo. Molte non possono isolare reparti e manca personale adeguato. O la Regione inizia a trattare le questioni delle Rsa come casi sanitari, mettendoci risorse, perché servono medici, infermieri, oss e dpi adatti, o la situazione precipiterà».

La Regione Piemonte ha deciso, infine, di avviarsi all’obbligo delle mascherine. Ne ha acquistate 5 milioni «per consentire ai piemontesi un ritorno alle attività in sicurezza».