Il secondo dopoguerra americano porta – tra i suoi effetti sull’immaginario – anche al progressivo decomporsi dello spirito vaudeville, così come allusivamente testimoniato dall’oscuro «The great Rupert»(1950), frutto del binomio George Pal (produttore) e Irving Pichel (regista). Protagonista del titolo altri non è che uno scoiattolo, reduce da una «carriera» da one- squirrel-show -con tanto di kilt e pianola – nei circuiti degli spettacoli di provincia (da Hoboken in giù…) insieme al suo partner «umano». Destino vorrà che una volta ritiratosi nella soffitta di una casa occupata da una famiglia indigente (padre, madre e figlia, anch’essi teatranti finiti in disgrazia) ne determinerà l’improvvisa e inesplicabile fortuna con una periodica (e letterale) pioggia di dollari, nascosti in una intercapedine dell’appartamento contiguo e dei quali l’animaletto si sbarazza allegramente. Nel 1950 il visionario Pal e il «comunista» Pichel («The most dangerous game») non realizzarono insieme solo «Uomini sulla luna», ma anche questa opera pathetique rivolta con azzardo alle platee familiari, che oggi le benemerite app Old Movies e Plex riservano piuttosto a un più opportuno sguardo weirdo. Con Jimmy Durante e Terry Moore.

Il misterioso Jean-Louis Trintignant si introduce a casa della ritirata coppia formata da Philippe Noiret e Marlène Jobert, alterandone ben presto l’appartato equilibrio. L’individuo dichiara di avere alle calcagna non meglio identificate autorità che dovrebbero estorcergli un particolare segreto che soltanto lui custodisce… Si tratta di un bugiardo, di un pazzo, o del depositario di una inconfessabile verità? La fuga a tre verso la Spagna che ne segue, nel tentativo di sfuggire alla incombente persecuzione, si avvita in una crescente manifestazione di inganno e diffidenza reciproci, traiettoria diretta a una conclusione sospesa tra la rivelazione spicciola dello «stato di paranoia» e il «buco» narrativo perseguito fino ad allora. Con «Il Segreto» (Le secret, 1974) a Robert Enrico (morto nel 2001, e che lavorò con Luciano Emmer) riesce a metà il gioco ambiguo e sibillino del thriller: l’United States Conference of Catholic Bishops lo valuta «A-III» (cioè solo per adulti), ma dal 12 febbraio è per tutti su Netflix.

L’insopprimibile nostalgia per il cinema (e il sistema produttivo) à la Roger Corman porta alla segnalazione di un misconosciuto derivato quale Fast Charlie …The Moonbeam Rider (1979, di Steve Carver). Nel 1920, il veterano di guerra e imbroglione Charlie Swattle (David Carradine) sogna di vincere – con la sua classica motocicletta Moonbeam – una corsa cross-countries da St. Louis a San Francisco: poco aiutato dai suoi vecchi commilitoni, per i quali resta un disertore, troverà miglior sostegno nell’impudente Grace Wolf (Brenda Vaccaro), ma soltanto a certe condizioni… Il tuttofare dell’action-movie Carver se la cava come può, ma la fascinazione per la «leggenda» Corman resta intatta. Abbastanza inguardabile su youtube (anche se semi-integrale), da marzo è disponibile in uno scintillante blu-ray edito da Kino, col commento dello storico Eddy Von Mueller (www.kinolorber.com).