La politica è cambiata negli ultimi due/tre decenni. È cambiato pure il modo di raccontarla da parte dei cronisti che ne devono scrivere ogni giorno. La trasformazione è stata rapida e implacabile. Ha accompagnato e preceduto Tangentopoli nel 1992, poi ha preso la rincorsa avviluppandosi nella cosiddetta «antipolitica» di cui il Movimento 5 Stelle è stato un epifenomeno.

SI PUÒ FARE IL PUNTO su queste trasformazioni? Ci prova ytali.com la rivista online diretta da Guido Moltedo (qualche decennio passato al manifesto dividendosi tra cronache statunitensi e quelle sui personaggi della ex balena bianca democristiana). L’idea di ytali è stata quella di far parlare i giornalisti che scrivono di politica e che rappresentano generazioni diverse. Un agile volumetto raccoglie tutte le tredici interviste per gli amanti di questo genere giornalistico: Raccontare la politica, a cura di Matteo Angeli e Marco Michieli, pp. 146, euro 10 (acquistabile su street.lib, mondadori store, ibs, amazon).

Si va dalle chiacchierate con i decani Giorgio Frasca Polara (firma storica dell’Unità, ex portavoce di Nilde Iotti, il più anziano del mestiere tra tutti gli interpellati), Lucia Annunziata (ex presidente Rai, ex direttore di Huffington post, giornalista di prestigio del servizio pubblico), Augusto Minzolini (firma del Transatlantico dalla fine degli anni Settanta, una legislatura al Senato con Forza Italia), Nino Bertoloni Meli (esperto prima del Pci e poi del centrosinistra, il Messaggero), Gianni Riotta (corrispondente dagli Stati uniti, direttore della Scuola di giornalismo Luiss), Fabio Martini (inviato della Stampa) fino a quelle con colleghi più giovani come Marco Di Fonzo (presidente dell’Associazione stampa parlamentare dal 2018, Sky Tg 24) e Alessandra Sardoni (la 7, cronista parlamentare dal 1994).

NE ESCE UN QUADRO che conferma come non esista quasi più il «pastone» (la cronaca politica del giorno) fissata in un unico pezzo, come sia meno interessante del passato seguire il dibattito dei partiti, come la personalizzazione dei leader (quando ci sono) attragga la totalità delle attenzioni a discapito degli oscuri deputati/senatori e del loro lavoro parlamentare. I retroscena e le indiscrezioni hanno inoltre conquistato molto più spazio rispetto ad analisi e precise ricostruzioni dei fatti. C’è stato infine il fenomeno in anni recenti di una overdose di politica nei notiziari, nei talkshow, in tv (la 7 ha addirittura un palinsesto dove di politica si parla dalle 8 del mattino fino al pomeriggio per poi riprendere in prima serata). Il resto lo ha fatto l’uso senza regole e verifiche dei social. Tutto questo ha contributo alla crisi irrisolta del modo di parlare e di scrivere di politica.

Su «semplificazione della comunicazione» e «spettacolarizzazione» della politica punta l’indice Stefano Menichini (ex manifesto, ex direttore di Europa, ex capo ufficio stampa della Camera dei deputati, ora portavoce del ministro Roberto Gualtieri). Nico Perrone, direttore dell’Agenzia Dire, racconta il passaggio all’improbabile «Seconda Repubblica» come la consegna ai «tecnici» del testimone da parte di chi aveva diretto i partiti storici: da qui la difficoltà a dialogare con gli emergenti (eccezion fatta per Umberto Bossi). Barbara Tedaldi, all’Agenzia Agi dal 1991, racconta come il lavoro giornalistico nelle agenzie sia mutato: più rapidità di informazione ma pure esigenza di approfondimento seguendo il lavoro delle Commissioni e dell’Aula o avendo il contatto con i singoli politici. Maria Teresa Meli, Corriere della Sera, parla dell’irruzione sulla scena di Lega nord e Silvio Berlusconi che modificò il lavoro dei cronisti abituati a vivere nel Palazzo. Alda Vanzan, redattrice del Gazzettino dove si occupa delle vicende politiche della Regione Veneto, descrive i mutamenti avvenuti pure nel giornalismo locale: sedute seguite in streaming, uso dei social però solo in aggiunta perché bisogna continuare ad andare sui luoghi dove avvengono i fatti.

CHIUDE IL VOLUME un intervento di Andrea Martella, sottosegretario con delega all’editoria. È una sorta di controcanto visto dall’altra parte della barricata rispetto ai giornalisti e a chi è vittima di un garbuglio caotico che crea l’illusione di essere informati. Da qui il suo auspicio per un rinnovato ruolo di mediatori rispetto alla politica da parte dei giornalisti chiamati a operare in autonomia e con rinnovata professionalità in modo da evitare la diffusione di fake news.