Le proteste erano state messe in conto. Ma quello che è accaduto per l’avvio della riforma della geografia giudiziaria, la cui struttura risaliva a prima dell’unità d’Italia, va ben oltre le fisiologiche contestazioni. Di fronte alla chiusura di 30 tribunali, con il loro accorpamento nei palazzi di giustizia dei rispettivi capoluoghi di provincia, si è scatenato un mezzo finimondo. A Sala Consilina nel salernitano un uomo si è cosparso di benzina minacciando di darsi fuoco. Invece a Rossano in Calabria il sindaco Antoniotti, nel corso di un blocco stradale, ha declamato stentoreo: “Tutta la città alzerà le barricate”. I suoi otto colleghi elbani sono sfilati per le vie di Portoferraio, in testa la bandiera dell’Isola d’Elba con appese un paio di mutande. Mentre a Potenza sindaci e consiglieri regionali hanno occupato la sala riunioni della giunta lucana, in difesa del tribunale di Melfi.

Da Sulmona a Tolmezzo, da Pinerolo a Camerino, sono spuntati come funghi i “comitati a difesa delle strutture giudiziarie”. Con gli avvocati in prima fila ma subito dietro centinaia di residenti, mobilitati al pari di sindaci e presidenti regionali, fino addirittura ai parroci. Eppure Giorgio Napolitano aveva ammonito ad evitare i “ciechi particolarismi” di quanti premevano, anche nei palazzi romani, per il rinvio della riforma. Avviata peraltro già da anni, dall’ultimo governo Berlusconi. Portata avanti dal ministro Severino con l’esecutivo di Mario Monti, e diventata operativa con l’attuale guardasigilli Anna Maria Cancellieri.

La chiusura dei piccoli tribunali (e di altrettante procure), di 220 sezioni distaccate e di 667 uffici del giudice di pace, con un risparmio stimato in un centinaio di milioni annui e il trasferimento di 2.700 magistrati e 7.300 impiegati, era stata addirittura impugnata davanti alla Corte Costituzionale dai tribunali di Alba, Pinerolo, Montepulciano, Sulmona e Sala Consilina, oltre che dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. Il 3 luglio scorso la Consulta ha giudicato fondato il solo ricorso del Tribunale di Urbino, in quanto capoluogo provinciale, bocciando tutte le altre istanze.

Dai giudici costituzionali è così arrivato un sostanziale via libera agli accorpamenti. Mentre il ministro Cancellieri ha spiegato che eventuali aggiustamenti potranno essere apportati entro due anni. Al tempo stesso via Arenula ha prorogato di due anni la ‘sopravvivenza’ di 8 uffici giudiziari per lo smaltimento dell’arretrato. Il criterio adottato ha riguardato il numero di abitanti, oltre 180mila, e il carico di lavoro, superiore ai 7mila fascicoli ogni anno. Le sedi rimaste operative sono Sanremo, Chiavari, Bassano, Vigevano, Pinerolo e Alba per i processi civili, Lucera e Rossano anche per quelli penali. Ancora, visti i problemi post terremoto a L’Aquila, è slittata di due anni la chiusura ad Avezzano, Sulmona, Vasto e Lanciano. Ma le proteste, che andranno avanti anche nei prossimi giorni, non si sono certo fermate. Unite a dure prese di posizione degli avvocati, e dei sindacati confederali del settore pubblico.