Un settimanale sportivo da diffondere attraverso i tre quotidiani della sinistra radicale, il manifesto, Lotta Continua e il Quotidiano dei Lavoratori. Il nome era già pronto, Piazza delle Tre Culture, a ricordo del massacro perpetrato sulla pelle degli studenti messicani una settimana prima delle olimpiadi di Città del Messico del 1968. L’idea del settimanale maturò dopo i risultati di alcune mobilitazioni politiche a seguito di avvenimenti sportivi di rilievo internazionale, avvenuti tra il 1972 e il 1978, a testimonianza del fatto che gli eventi sportivi sono parte integrante dei processi economici, politici e sociali. Tre avvenimenti in particolare avevano segnato quegli anni sul fronte politico-sportivo: l’assalto del gruppo palestineseSettembre Nero effettuato il 5 settembre al villaggio olimpico di Monaco di Baviera, in occasione delle Olimpiadi del 1972, che si concluse con il sequestro e la morte degli ostaggi, undici atleti israeliani.L’irruzione venne effettuata per ricordare il dramma del conflitto israelo-palestinese e la questione dei campi profughi. Si aggiungono la vasta mobilitazione che precedette la finale di Coppa Davis Italia-Cile nel 1976, la denuncia sulla fine dei desaparesidos e le mobilitazioni contro la giunta militare capeggiata dal generale Videla, in occasione dei mondiali disputatisi in Argentina nel 1978.

L’idea di dar vita a un settimanale sportivo all’interno della sinistra radicale era maturata nel bel mezzo di quegli eventi, che caratterizzarono il fronte politico-sportivo degli anni Settanta del secolo scorso. La galassia italiana dei partiti, gruppuscoli, quotidiani, riviste, radio della sinistra extraparlamentare, raccolti sotto la sigla Nuova Sinistra, era notevole, ma lo sport ebbe sempre un ruolo di minoranza se non di totale trascuratezza. In Francia erano stati più bravi, il quotidiano Rouge e ben sei riviste della sinistra radicale diffondevano contemporaneamente un inserto realizzato anche grazie alla collaborazione volontaria dei giornalisti sportivi di Liberation, e qualche copia di quel tentativo di dare voce politica allo sport, era arrivata anche in Italia. Il titolo ironico L’Epique, beffavacon un sottile gioco di parole il più diffuso e popolare quotidiano sportivo d’Oltralpe L’Equipe, rispondente alla nostra Gazzetta dello Sport. In Italia, sull’intreccio sport e politica la Nuova Sinistra non si era spesa molto, vittima di un retaggio culturale che vedeva le manifestazioni sportive solo come oppio dei popoli, e dal quale politicamente stare lontani il più possibile, lasciando mano libera ai fascisti e ai democristiani, che occuparono tutto lo sport, dagli apparati organizzativi come il Coni alla radio e alla televisione di Stato, senza trascurare le pagine sportive dei quotidiani, cui si aggiungevano nel panorama dei media ben quattro quotidiani sportivi.

Seppur a fatica il tentativo di dare vita a un settimanale sportivo si fece strada: ” L’Epique è uscito come supplemento a sei riviste della Nuova Sinistra e al quotidiano Rouge… senza entrare nel merito o nella critica di questo esperimento dei compagni francesi, ci sembra giusto sottolineare che L’Epique è uscito unitario. La nostra proposta è di vedere se ci sono le possibilità (noi pensiamo di sì) di fare la stessa cosa in Italia” scrivevano Daniele Barbieri della polisportiva Giovanni Castello ed Ely Peirot di Radio Citta Futura, sul quotidiano Lotta Continua nel settembre 1976, in un articolo intitolato “Proposta di una rivista sullo sport”. La buona volontà dei propositori, animati dall’aiuto di altri compagni impegnati nel mondo dello sport, portò all’uscita del numero zero di Piazza delle Tre Culture. “Prendiamo coscienza di cosa significa lo “sport”, come inserire la pratica sportiva nella ricerca che la “nuova sinistra” faticosamente porta avanti per un mondo nuovo mettendo in evidenza i legami tra politica dello sport e tutti gli altri piani su cui marcia il nostro nemico di classe. Gli effetti psicologici di massa dello “spettacolo sportivo” sono gli effetti di uno scopo culturale che non mira soltanto al “rintontolimento” delle teste dei lavoratori ma tende alla formazione di valori “culturali” di cui non conosciamo gli esiti reali” scrivevano i promotori dell’iniziativa editoriale.

Ad animare il progetto una riunione nazionale che si svolse a Roma a fine ottobre del 1976, presso l’associazione sportiva popolare Alessandrino, cui parteciparono alcuni lavoratori del Coni, i rappresentanti di varie radio democratiche, che trattavano lo sport nei loro programmi e i delegati di associazioni sportive provenienti da Milano, Portici, Brindisi, Genova, Napoli, Chieti, Lucca, Assisi, Prato e Firenze, nel corso della quale si discusse del progetto e della necessità di costituire un coordinamento nazionale di tutte le realtà sportive di base e “ della necessità di creare una struttura di controinformazione e di un comitato permanente contro ogni rapporto sportivo con i paesi fascisti e razzisti”. Nonostante le buone volontà, una serie di fattori impedirono che l’idea di un settimanale politico-sportivo potesse vedere la luce. La crisi della sinistra extraparlamentare, compresi i rispettivi organi di stampa, fecero arenare il progetto. Oggi, però, i tempi per la pubblicazione di un settimanale portavoce della galassia sportiva di sinistra sono maturi, si tratta di unire le forze.