Chi oggi si prenota per una vaccinazione con il vaccino Pfizer può aspettare anche cinque o sei settimane prima di ricevere il richiamo. È quanto prevede la strategia vaccinale adottata nelle principali regioni italiane, come Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Liguria (ma non per i fragili) su suggerimento del Comitato tecnico scientifico. Ma ora l’azienda statunitense mette tutti in guardia: «Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni», ha spiegato a Sky Tg24 la direttrice medica di Pfizer Italia Valeria Marino. «Dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito». Come medico, aggiunge, consiglia «di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l’autorizzazione».

La scelta delle regioni si basa su un parere del Cts ratificato in una circolare ministeriale del 5 maggio. L’obiettivo è allargare la platea dei vaccinati sfruttando più a fondo le dosi disponibili, sulla base dell’elevato livello di protezione già garantito dalla prima dose (80% secondo i dati del Regno Unito) e in quanto «la somministrazione della seconda dose entro i 42 giorni dalla prima non inficia l’efficacia della risposta immunitaria». Anche l’Agenzia Italiana del Farmaco, quella europea Ema e il Centro per il controllo delle malattie statunitensi avevano autorizzato l’estensione fino a 42 giorni, sia pure come eccezione alla regola, in linea con un parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità risalente all’8 gennaio 2021.

A favore di questa opzione vi sarebbero altri dati non pubblicati, ma messi a disposizione della commissione scientifica sulle vaccinazioni del Canada dalla Pfizer, secondo cui la protezione delle persone che hanno ricevuto il richiamo dopo 42 giorni non sarebbe inferiore a quella rilevata nelle persone che hanno ricevuto le dosi nei tempi stabiliti. Contraria invece al prolungamento la statunitense Food and Drug Administration, secondo la quale «i dati sono stati male interpretati».

Dilatare le dosi permette di allargare il numero di vaccinati con una dose e di offrire una protezione parziale a più persone. Ma impone anche di prevedere scorte più abbondanti per le seconde dosi, che prima o poi devono essere garantite. Infatti, secondo l’Oms il prolungamento del ritardo tra le dosi a 42 giorni poteva avvenire «nell’obiettivo di massimizzare il numero di individui immunizzati con una prima dose mentre le forniture vaccinali continuano ad aumentare».

Allungare l’intervallo tra le dosi probabilmente non ha svantaggi immediati dal punto di vista sanitario. Ma rappresenta in ogni caso una scommessa sulla regolarità delle forniture di vaccini anche nei prossimi mesi.