La bellezza dello sfocamento dei corpi in un fluire di colori pastosi apre con il prologo Chukrum la creazione di Virgilio Sieni sul Petruška di Igor Stravinskij. Produzione del Teatro Comunale di Bologna, con orchestra diretta da Fabrizio Ventura, lo spettacolo è un affondo terso sulla relazione tra uomo e marionetta, tema caro al coreografo nonché oggetto del progetto seguito a Palermo insieme a Mimmo Cuticchio.
Già in Chukrum la misteriosa partitura per orchestra d’archi di Giacinto Scelsi ci porta dentro una visione di respiro cinematografico in cui non arriviamo mai a percepire in modo totalmente nitido figura e volti dei danzatori di Sieni. Li vediamo avvicinarsi, prendere forma e rilievo, avanzando verso una luce diffusa che ne opacizza i contorni. Palmi delle mani arrossati come se uscissero dal nulla, coppie, quartetti, figure sole, una coreografia sulla nascita dell’uomo, in cui il danzatore ha l’universalità della marionetta.

Emblema dello Stravinskij di inizio Novecento e dei Balletti Russi di Diaghilev, Petruška debuttò nel 1911 a Parigi con coreografia di Fokine e interpretazione di Vaslav Nijinskij nel ruolo della maschera triste del carnevale russo che dà il titolo al balletto. Sieni colloca la sua versione in uno spazio limitato da tende trasparenti che sapranno ricreare in modo nuovo le famose stanze dell’originale. Nei sei danzatori vive la figura di Petruška, ma anche quella degli altri protagonisti del balletto, il Moro e la ballerina, la folla della piazza, il Ciarlatano.

La loro essenza trasmigra da un interprete all’altro, marionette tra l’umano e il non umano nelle quali la danza è fatta di posture dettagliate e gesti fondativi. Eccoli i sei, figure bianco-beige dai bizzarri cappellini, occhi cerchiati di nero, pantaloni trasparenti. In loro le ballerine, l’imbonitore, la folla del primo quadro appaiono e scompaiono in un moto coreografico in cui le infinitesimali variazioni dell’unisono illuminano le singolarità: preludio ai quadri successivi. Il quadro della stanza di Petruška è aperto da un danzatore solo, raggiunto però presto dagli altri cinque che, sospingendone il gesto, rendono collettivo l’originario urlo della maschera contro il Ciarlatano.

Nella stanza del Moro, tre briosi danzatori hanno i volti anneriti, mentre Ramona Caia, in gonna bianca e a seno nudo, fa emergere dal nulla la memoria della ballerina di Stravinskij: il suo è un gesto frammentato, sapiente e sovraumano.
Sieni continua a entrare e a uscire dalla storia per apparizioni rapide: come quando, nel momento in cui Stravinskij orchestra la presentazione dell’orso incatenato, oppone a un danzatore solo un gruppo che fa finta di sparare.
L’avvicinamento e allontanamento dall’originale procede però, come in Chukrum, per messe a fuoco e immediate sfocature. Ed è in questo magistrale procedere che Sieni proietta il gesto della marionetta di primo Novecento nell’incertezza del nostro vivere contemporaneo. Repliche a Cango, Firenze, questo e il prossimo weekend.