Hub per vaccini e tamponi presso le università; rendere flessibile la somministrazione delle dosi attraverso open day rivolti anche a persone che non hanno la residenza sanitaria nella regione in cui studiano o lavorano; un medico di base anche per i fuori sede: sono le richieste della Rete della conoscenza alla viglia dell’entrata in vigore, mercoledì prossimo, dell’obbligo di green pass per studenti e personale universitario.

Un gruppo di studenti de La Sapienza di Roma si sono riuniti prima di ferragosto per discutere di eventuali mobilitazioni a settembre, il tam tam è partito via Telegram sul canale «Sapienza contro il green pass». In Toscana non solo i contatti via app di messaggistica ma anche una petizione contro l’obbligo della certificazione verde. A Venezia il gruppo Studenti contro il green pass ha inviato una diffida ai vertici di Ca’ Foscari, dell’Accademia di Belle Arti, del Conservatorio e della Iulm invitando gli atenei «a disapplicare l’articolo 1 comma 6 del dl 111 e conseguentemente a garantire il libero esercizio del diritto allo studio in tutte le modalità in cui si esplica (lezioni in presenza, esami, biblioteca) e il diritto al lavoro dei dipendenti delle strutture universitarie, anche mediante strumenti preventivi come l’autocertificazione».

La diffida si basa sulla risoluzione 2.631 del Consiglio d’Europa del 27 gennaio scorso, che invita gli stati membri e l’Ue ad assicurare «che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno può essere sottoposto a una pressione politica, sociale o di altro genere affinché si vaccini se non desidera di farlo; che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato a causa di possibili pericoli per la salute o perché non vuole farsi vaccinare».

Nella diffida si legge: «Discriminare l’accesso agli ambienti dell’Università in base al possesso o meno di un passaporto sanitario è una inaudita divisione in studenti di serie A e di serie B: ai primi è concesso, in un regime di libertà condizionata, di frequentare le lezioni, sostenere gli esami, di partecipare ai tirocini obbligatori e ai vari servizi dell’Università, in primis quelli bibliotecari, mentre ai secondi no, venendo al massimo concessa la fruizione di una forma depotenziata di didattica a distanza, pur a parità di tasse pagate».

E ancora: «Il green pass costituisce uno strumento di pressione alla vaccinazione senza alcun riguardo delle scelte personali, la via alternativa di ottenimento della certificazione costringerebbe gli studenti a subire ogni due giorni un test diagnostico invasivo e costoso, la pressione si trasforma dunque in una costrizione. L’impedire ai dipendenti delle strutture universitarie, docenti e personale Ata, di esercitare la propria professione in mancanza della certificazione verde configura una violazione del diritto al lavoro garantito dalla Costituzione».

Mercoledì in 54 città i No green pass occuperanno le stazioni ferroviarie: «Alle 15 si entra si resta fino a sera» si legge sui social. Assoutenti replica: «Pronti a denunciare penalmente chiunque creerà disagi alla circolazione dei treni». Scioperi sono già annunciati tra il personale scolastico. La capogruppo di Leu al Senato, Loredana De Petris: «Presenteremo un’interrogazione urgente al ministro della Salute sui numerosi casi di persone che, pur avendone diritto, sono rimaste senza green pass. In particolare tra chi avrebbe dovuto ricevere il pass in quanto guarito dal Covid e poi vaccinato con una sola dose. Spesso la carta verde non viene generata e le persone sono costrette a una via crucis burocratica». Particolarmente grave per i lavoratori della scuola, che rischiano di dover pagare un tamponi ogni 48 ore pena la sospensione dello stipendio.