La Francia fa la voce grossa e minaccia il veto sul via libera all’avvio del negoziato Ue-Usa sul Ttip, in nome della difesa dell’eccezione culturale. Spagna e Italia, che condividono le riserve di Francia, Grecia, Belgio e Ungheria sull’audiovisivo, si sono alla fine schierate con la Germania, per avviare in fretta l’operazione. Il presidente della Commissione, José Maule Barroso, è molto ambiguo. “L’eccezione culturale non è negoziabile – rassicura – abbiamo stabilito delle linee rosse che non faranno parte del negoziato” e cita il mantenimento delle quote di diffusione delle opere, le varie sovvenzioni o le tasse sui biglietti del cinema che in Francia servono a finanziare il settore, delle riserve sulle regole del digitale. Ma aggiunge: “sarebbe un errore escludere fin dall’inizio i servizi audiovisivi”. Bruxelles teme le ritorsioni Usa: se viene escluso l’audiovisivo, Washington potrebbe sottrarre al negoziato dei settori che interessano gli europei, come il trasporto marittimo e aereo, o l’accesso agli appalti pubblici statunitensi da parte delle imprese europee.

Dei registi, da Costa-Gavras a Ken Loach, i fratelli Dardenne, Andrzej Wajda, Margarethe von Trotta, Manoel de Oliveira o Pedro Aldomovar, hanno firmato una petizione per denunciare “la cultura europea in pericolo”. Con il mandato definitivo al commissario Karel De Gucht, per aprire il negoziato di libero scambio con gli Usa, “l’Europa potrebbe entrare in una nuova era, quella in cui la politica abdicherebbe di fronte alla sola logica del mercato, sacrificando uno dei suoi beni più preziosi: la cultura”. Il negoziato, per i registi, parte su delle basi che “distruggono le dighe che sostengono la creazione europea, la sua diffusione e il suo finanziamento”. La petizione afferma che “alla fine, le opere, i film, le creazioni che contribuiscono all’identità europea, finiranno per servire come moneta di scambio nelle trattative commerciali”. Si prepara, in altri termini, un asservimento “ai famosi Gafa (Google, Apple, Facebook, Amazon)” a cui verrà concesso “il diritto di prosperare sul territorio europeo continuando a non versare nessun contributo a favore della creazione e della cultura”.

a ministra della cultura francese, Aurélie Filippeti, scrive in un intervento su Le Monde di oggi, che “la Francia chiede che i settori della cultura e dell’audiovisivo siano esclusi da questo accordo”, perché “la cultura non è una merce come un’altra” e “la meccanica del mercato non è in grado di prendere in conto il valore specifico dei beni culturali”. Per Filippetti, “ciò che è in gioco è la capacità di un paese a rappresentarsi il mondo”. Nicole Bricq, che oggi è al consiglio europeo di Lussemburgo che dovrebbe dare il via libera a Bruxelles per aprire la trattativa, afferma su Libération che “la Francia non darà mandato alla Commissione se questa persiste a mettere la cultura nel campo del negoziato”. Per Nicole Bricq, “c’è il rischio che i servizi culturali diventino l’ostaggio della Commissione, una moneta di scambio. Ma sull’eccezione culturale non si tratta”.