Il consumo di suolo nel 2021 torna a crescere, con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, per un valore che sfiora i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 chilometri quadrati di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici, che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato. La fotografia della cementificazione in Italia arriva dal Rapporto nazionale «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2022» di Ispra. Quest’anno il dossier si apre con tre immagini di un’area di 23 ettari che a Novara è stata trasformata per realizzare un polo logistico: scattate nel 2020, 2021 e quindi 2022, non hanno bisogno di commenti.

NEGLI ULTIMI 15 anni, a partire dal 2006, il Belpaese ha perso 1.153 kmq di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 kmq all’anno, «a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno», spiega Ispra. Il suolo consumato pro capite aumenta in Italia nel 2021 di 3,46 mq/abitante.

A livello regionale è la Valle d’Aosta la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata. La Liguria è riuscita a contenere il nuovo consumo di suolo al di sotto dei 50 ettari, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si mantengono sotto ai 100 ettari. Gli incrementi maggiori sono avvenuti – come al solito – in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (+684 ettari), Emilia-Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499). Le regioni che hanno consumato di più, a livello assoluto, sono Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%).

TRA I COMUNI, Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e anche quest’anno consuma più suolo di tutte le altre città italiane: in 12 mesi la Capitale perde altri 95 ettari di suolo. Gli altri capoluoghi di regione con i maggiori aumenti sono Venezia (+24 ettari, relativi alla terraferma), Milano (+19), Napoli (+18), Perugia (+13) e L’Aquila (+12). Oltre il 70% delle trasformazioni nazionali si concentra nelle aree cittadine cancellando proprio quei suoli candidati alla rigenerazione. Uno dei focus del Rapporto 2022 è quello legato agli edifici, che lo scorso anno hanno occupato oltre 1.120 ettari in più. Correre ai ripari, per Ispra, è possibile a patto di intervenire sugli oltre 310 kmq di edifici non utilizzati e degradati esistenti in Italia, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli. Un altro aspetto indagato riguarda la logistica: nel 2021 ben 323 ettari, prevalentemente nel Nord-Est (105 ettari) e nel Nord-Ovest (89 ettari), sono stati occupati dalla costruzione di nuovi poli, rilevati anche in aree a pericolosità idrogeologica elevata.

NEL CORSO della presentazione del Rapporto s’è consumato uno scontro tra il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, e Luca Mercalli. Il primo ha infatti affermato che sarebbe possibile «distinguere tra consumo di suolo buono e consumo di suolo cattivo», facendo l’esempio proprio di poli logistici al servizio dello shift modale (gomma, ferro) che «implica un consumo di suolo aggiuntivo». Mercalli ha risposto che «il consumo di suolo è irreversibile, quel suolo perso è perso per sempre. Il suolo compromesso non si recupera in un anno, ma in millenni». Per questo, secondo Mercalli, «non esiste un consumo di suolo buono e uno cattivo e mi stupisco che il ministro Giovannini, persona competente, lo abbia detto nel suo intervento. Le mappe del Rapporto che abbiamo visto oggi sono come metastasi, cellule cancerose che si staccano dal tumore centrale e si propagano verso zone sane. Come potete pensare che esista una metastasi buona? È tutta cattiva».

COMMENTANDO il Rapporto, Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, pone l’accento su un altro rischio. Quello che «le risorse del Pnrr e i connessi investimenti infrastrutturali finiscano con il contribuire ad una bolla espansiva del consumo di suolo, e questo sarebbe per il nostro Paese un fallimento di cui rendere conto, visto che ci siamo impegnati ad adottare e attuare, tra le riforme previste dal Piano Nazionale, anche quella relativa alla riduzione del consumo di suolo». Una legge nazionale ormai attesa da dieci anni.