L’altro giorno passeggiavo in riva al lago, sotto il sole di questo inquietante gennaio che sembra aprile, e mi imbatto in un cartello che annuncia il montepremi del Superenalotto svizzero, arrivato a 135 milioni di franchi. Mi sono seduta sul bordo dell’acqua, ho tolto stivali e calze, steso le gambe sull’erba e, guardando l’acqua dove sguazzavano anatre e cigni, ho cominciato a fantasticare su che cosa si potrebbe fare con una cifra da tal capogiro. E qui si svela la lista delle priorità. Le priorità sono sempre relative, rispondono a un percorso personale, a un punto di partenza, a dei desideri, che non sono mica uguali per tutti, i desideri, perché si legano sempre a chi sei, a ciò che hai o che ti manca, a che cosa conta davvero per te. I soldi, poi, sono una maledetta faccenda perché misurano, in una società fondata sul denaro, quello che puoi o non puoi fare, che casa puoi permetterti, che studi, cure, vacanze, viaggi puoi garantire a te stesso e a chi ti è caro. In Italia, per esempio, dove la casa è considerata un bene essenziale, oltre che un investimento, e dove un mutuo può legarti a una banca per venti o più anni, sono convinta che la maggior parte delle persone, se vincesse 135 milioni di euro, o di franchi, sistemerebbe la questione immobiliare una volta per tutte.

A meno che uno non voglia comprarsi un castello, e pur soddisfacendo, abitativamente parlando, una cospicua parentela, pur mettendo a frutto un bel pezzo di capitale, pur regalandosi la cosiddetta bella vita fatta, per restare sul generico, di viaggi, soggiorni in alberghi costosi, abiti strafirmati, cosmetici da 500 euro a vasetto, perché esistono anche quelli, pur con tutto ciò, resterebbero al presunto vincitore un sacco di soldi, facciamo cento milioni.
Un insegnante italiano, per fare un esempio, che in media prende 1600 euro al mese, tenendo conto dello stipendio di inizio e fine carriera, per mettere insieme quella cifra dovrebbe lavorare quasi 4.500 anni. Un operaio, sempre facendo la media, porta a casa poco più di 21mila euro l’anno, ergo dovrebbe lavorare, per arrivare a cento milioni di euro, 4.761 anni. Si fa prima a cambiare era geologica, visto l’andazzo climatico.
Poi uno si chiede perché gli italiani sono così appassionati di lotterie, tanto da spendere, primi in Europa, fra slot, gratta e vinci, Lotto, Superenalotto, Bingo, scommesse e quant’altro quasi 100 miliardi nel 2019 e oltre 88 miliardi nel 2020. L’Erario ha il suo tornaconto, avendo incassato oltre 11 miliardi nel 2019 e 7 nel 2020 (i dati sono presi dal Libro Blu dell’Adm, Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli).

Eppure…eppure c’è un sacco di gente che vince e poi si dimentica di ritirare i premi. Nel novembre scorso è stata istituita la Black Week del Superenalotto, cioè sono stati rimessi in palio 300 premi da 50mila euro che non erano stati ritirati e, di nuovo, in tanti non si sono accorti di aver vinto. Dal 2017 al 2021 c’è chi, giocando alle lotterie istantanee, ha vinto, ma non riscosso, oltre 502 milioni di euro. La scorsa estate, 8 persone che hanno vinto ognuna centomila euro dell’iniziativa Estate 100X100 non si sono ancora presentate per riscuotere il denaro.
Biglietti dimenticati, persi, sbadataggine, sfiducia nella propria fortuna? Vai a capire. Io, nel frattempo, mi sono persa e non ho ancora deciso come spendere i miei 135 milioni, che resteranno virtuali, e per una ragione semplice. Non gioco mai. Dai, mi dico guardando le anatre nel lago, hai pur sempre una possibilità su 622 milioni di aggiudicarti il jack-pot. Appunto. E mi ridistendo sull’erba.

mariangela.mianiti@gmail.com