Il moltiplicarsi dei negozi bio, come la comparsa di comparti bio in molti supermarket, segnala una incoraggiante presa di coscienza sulla qualità di quello che finisce nelle nostre pance. Parallelamente, in ambiti per ora molto più ristretti, si sta facendo largo il consumo di un vino detto naturale. Che cosa esso sia lo spiega in questa intervista Rocco, perugino, 39 anni, laureato in agraria con una tesi sugli aromi del vino, enologo della Fattoria Mani di Luna, azienda agricola nata nel 2012 in Umbria, nei pressi di Torgiano (Pg).

Cos’é il vino naturale?

Il vino naturale è nato dall’esigenza da parte di una serie di viticoltori di non fare più il vino aggiungendo tanti prodotti all’uva in cantina. Dagli anni del dopoguerra c’è stata una escalation nell’utilizzo di prodotti enologici che aiutano la trasformazione dell’uva in vino. La maggior parte sono prodotti chimici, che incidono su quello che è il gusto del vino. Questo gusto è dato dal terroir, il terreno, che si deve sentire nel bicchiere. È una cosa fondamentale. I vignaioli che fanno vino naturale da moltissimi anni parlano di questa espressione del terroir che è possibile solo con le fermentazioni spontanee e il non utilizzo della chimica, in cantina e in vigna. In questo modo si sente il vero gusto dell’uva nata in quel terroir. E’ il vino più vero, legato al posto d’origine. Il vino naturale ogni anno è diverso… In annate diverse a livello climatico, anche se viene dalla stessa vigna, il vino è abbastanza diverso, non totalmente diverso. Il vino che trovi al supermercato, magari a meno di 10 euro, è vino standardizzato, ogni anno deve essere più o meno lo stesso perchè così vuole il mercato. Fare vino naturale e venderlo è una scelta morale, non è una scelta economica. Sarebbe molto più remunerativo fare vino convenzionale.

Spesso si pensa che il vino naturale sia quello fatto dai contadini seguendo le tradizioni, ma spesso questi vini non sono un granchè…

Un buon vino deve venire da un uva molto sana. A volte si parte da un uva che non è stata curata nella maniera appropriata. Una volta il vino era un alimento che sosteneva la forza nei lavori di campagna, e quindi il contadino guardava soprattutto alla quantità, non doveva essere troppo alcolico, veniva consumato rapidamente, non rischiava di andare a male. E’ un vino fatto con uva molto acquosa, in un vigneto che è stato magari irrigato in terroir non idonei, che fa tanta uva ma con la quale è difficile farci un vino senza l’utilizzo di correttori, di sostanze stabilizzanti. Un uva poco concentrata produce un vino molto scarno di struttura, che non ha sali minerali, ha poco alcool, poca acidità e sono questi i fattori che favoriscono in modo naturale la longevità del vino. Poi c’è anche il savoir faire, che non è per forza legato al fatto se uno ha studiato o meno, ma richiede una conoscenza che sia pratica o scientifica dei processi che avvengono durante la fermentazione e le possibili problematiche che insorgono nell’affinamento del vino. Non è che finita la fermentazione il vino è pronto, se te lo scordi, se non lo assaggi e lo controlli va a male. Va curato, i primi mesi di vita del vino sono come i primi anni di vita di un bambino, necessita di molte attenzioni. Bisogna avere esperienza e naso per sentire se il vino ha preso strade che non sono quelle giuste, e in quel caso si fa un travaso o si mettono in pratica altre metodologie – senza aggiungere niente – che lo riportino nella giusta direzione.

Si può fare il vino senza bisolfito…

Si può ma l’uva deve essere di altissima qualità, quindi basse rese in vigna e perfetta dal punto di vista sanitario.
All’università magari ti hanno insegnato come fare il vino con i lieviti selezionati, i nutrienti, come stabilizzarlo a freddo, gomme arabiche, tutta una serie di additivi chimici… per passare da questo al vino naturale bisogna avere un senso critico nei confronti di quello che uno ha studiato. Un senso critico anche verso le informazioni che ti vengono ormai da tutte le parti, internet compresa.

Sulle vostre bottiglie c’è scritto vino naturale biodinamico?

No, non si può scrivere perché non c’è una normativa. Si può scrivere biologico perchè c’è una normativa a livello europeo e un organismo di controllo che verifica il tuo operato in vigna e in cantina. Molti dicono che una normativa ucciderebbe il vino naturale come ha fatto col vino biologico, che in effetti spesso è biologico in vigna ma poi in cantina si possono aggiungere un sacco di additivi. Purtroppo il disciplinare del vino biologico in Europa, come avviene spesso in politica, è stato fatto accettando compromessi eccessivi, dettati anche dalle grosse industrie del settore, su quanto bisolfito si possa mettere e cosa si possa aggiungere in cantina e cose del genere. Questo non significa che chi fa vino biologico non faccia vino sano, ma il vino naturale è qualcosa in più. Il problema col vino naturale è che chiunque può dire io faccio vino naturale, ma poi sta solo all’onestà del produttore se lo è veramente. Io penso e spero che arriveremo a una normativa, a un controllo anche autogestito, tramite associazioni, ma la cosa importante è non chiedere campioni ma analizzare quello che c’è nelle bottiglie in commercio. Ma non sarebbero analisi facili. Per esempio rilevare la presenza di gomma arabica può costare tra i 100 e i 200 euro a campione. Nel vino tradizionale ci si possono mettere oltre 200 additivi, che trasformano totalmente il vino che a quel punto diventa come la Coca Cola, un prodotto fatto esclusivamente per il commercio, che è fermo, non evolve, ha un gusto standardizzato. Per me quello non è vino ma una bevanda a base di uva fermentata. Il vino quello serio è fatto solo con uva e pochi solfiti. C’è chi ne usa un po’ più, chi è più virtuoso e ne usa di meno e chi non li usa per niente. Questo non vuol dire che senza solfiti il vino vada a male velocemente. Ho assaggiato vini senza solfiti anche di 10 anni ed erano perfetti. Il terroir è una parola coniata dai francesi, che mette insieme il terreno, il microclima della zona dove cresce la vite e il fare dell’uomo.

A Mani di Luna l’uva viene schiacciata coi piedi…

Sì ma non è una peculiarità del vino naturale. A noi piace farlo così. Coi piedi la pigiatura è più soffice, l’uva rimane più integra e il vino è più piacevole al palato, più gentile. Pigiato meccanicamente, se non hai macchine che lavorano molto bene e che sono molto costose, il vino può assumere un gusto più erbaceo, più vegetale, perché gli acini vengono spaccati completamente.