Proposta al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e al segretario generale della Cgil Maurizio Landini: può nascere, in Italia, una Galleria oppure un museo dell’arte figurativa che ha come tema il lavoro? Magari partendo proprio dalle opere ospitate a partire da fine Ottocento a oggi, – per lo più come motivo di arredo, ammettiamolo, – dalle tante Camere del Lavoro diffuse in Italia?
Dunque, cominciamo da Reggio Emilia.

Da una parte c’è la Collezione Maramotti: museo/galleria privata, tra le più importanti in Europa, specie rispetto l’arte figurativa del Novecento. Sede: la prima fabbrica ristrutturata Max Mara, legata alla famiglia di uno dei più importanti e ricchi imprenditori italiani. Un imprenditore che, almeno in passato, non è mai appartenuto all’area del centrosinistra: tra i suoi operai non hai mai voluto sindacati.

La collezione è bellissima, capace di rinnovarsi in continuazione, anche dopo la morte del fondatore, investendo oculatamente e organizzando annualmente un importante premio d’arte internazionale. Accesso gratuito, visitatori accolti su prenotazione a piccoli gruppi su prenotazione come raramente accade in Italia in una collezione o in un museo pubblico.

Dall’altra parte, nella stessa città emiliana, presso la Camera del lavoro, ma anche all’interno di aziende e cooperative orbitanti nel centro sinistra, c’è stato l’accumularsi progressivo, nei decenni, di opere di pregio. Come in tante altre Camere del Lavoro d’Italia. Un grande patrimonio diffuso messo poco in comune, valorizzato, promosso.

Una metafora di quanto avvenuto nel Novecento e in questi primi decenni del nuovo millennio? Forse.
È vero, alcuni anni fa, a Roma, è stata realizzata una importante mostra e la direzione generale Cgil, dal 1994, conserva, riordina, studia queste opere in cui si intreccia il desiderio di emancipazione dei lavoratori e aspirazioni civili di tanti artisti.

È vero, ogni tanto l’archivio romano organizza in piccole città italiane piccole mostre sul Lavoro delle donne o Sulla carta dei diritti. Ma non esiste ancora un una collezione completa capace di raccogliere, selezionare, regalare all’opinione pubblica la possibilità di fruirne dal vivo e, contemporaneamente, offrendo all’intera storia dell’arte italiana che va da fine Ottocento a oggi un importante tassello.

Chiedo al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e a Maurizio Landini: potrebbero candidare la città emiliana, magari in un capannone ristrutturato della fabbrica delle ex Reggiane, come sede di tale progetto, naturalmente tutto da pensare e costruire? Grazie a entrambi per la risposta, magari anche solo per farne comprendere l’impossibilità.